A casa, in un universo più amico

Mi colpisce che alla fine, al di là di ogni strategia mentale che possiamo avere, che possiamo decidere, le cose sono sempre semplici, più semplici. Sì. Sono sempre semplici. In fin dei conti, basta aderire alla realtà così come ti si presenta davanti, ti si srotola davanti, e non c’è — non ci sarebbe — da pensare altro. E’ forse una forma di onestà ultima verso il reale, probabilmente la forma più radicale ed anche più difficile. Perché ci costringe a lasciare da parte la progettualità compulsiva, quella a cui siamo tenacemente avvinghiati come a qualcosa di vitale, per lasciare andare davvero.

Stare alle cose, così come accadono, è dunque la cosa più semplice e più difficile insieme. Ma ecco, per quanto vi si riesce, per la minima percentuale che vi si riesce, è sempre una liberazione. Ed è qualcosa che sorpassa sempre i nostri schemi, deborda la nostra misura…

Non avrei mai pensato, prima, di trovarmi una mattina a parlare di astrofisica, nuove particelle, e nuova concezione dell’uomo, in un dialogo denso e significativo, per giunta con un collega ed amico, il prof. Amedeo Balbi. E in diretta nazionale, su Radio Uno. E’ accaduto, invece, ed è accaduto giovedì 13 luglio, nell’ambito della trasmissione Eta Beta, condotta da Massimo Cerofolini.

 

In redazione. In un clima di vera cordialità, che mi ha fatto subito sentire a mio agio…
La catena di causa ed effetto è molto meno lineare, molto meno angusta, di quanto pensiamo. C’è sempre spazio per imprevisti che superano, debordano da questa idea di meccanicismo così pervasiva, ma così avvilente.

Dunque la causa potrebbe ritrovarsi nel fatto che Massimo ha avuto l’occasione di ascoltarmi parlare del progetto AltraScienza, ma in realtà non è una spiegazione esaustiva. Che la mattina dopo ci siamo trovati “per caso” (quanto nasconde di non conosciuto, di sottilmente misterioso, questa espressione!) a colazione insieme, con la nostra Gabriella. E da questa serie di avvenimenti “casuali” è maturata questa proposta. Però non sono convinto. Infatti, non sono cause, sono segni.

La trasmissione la potete ascoltare in podcast, nel sito di Eta BetaMassimo è stato veramente bravo nell’aprirci ad uno spettro senz’altro vasto di argomenti — che prendevano spunto dalle scoperte più recenti, per poi lanciare un affondo sulla concezione dell’uomo, e del rapporto con l’Infinito, che rimane comunque agganciato in modo misterioso e profondo alla libertà del singolo ricercatore. E a farlo nello spazio tutto sommato ridotto, di una ventina di minuti.

Quello che non si può forse ascoltare è tutto ciò che non è andato in onda, tutte le onde che si spostavano su frequenze diverse da quelle radiofoniche, che vibravano nell’umanità delle persone e dei rapporti, e che hanno avvolto questa occasione di una densità di significato importante, per chi scrive.

Che gli hanno fatto capire, ancora più persuasivamente, che c’è una strada da percorrere. Che c’è una “AltraScienza” davvero emozionante (che fa palpitare il cuore, per la sua connessione con tutto) che i tempi stanno prepotentemente chiedendo. E che noi, umilmente, continueremo ad esplorare. A domandare, anzi. Con Thomas Berry infatti possiamo dire che

Non ci mancano certo le forze dinamiche per costruire il futuro. Viviamo immersi in uno sconfinato oceano di energia. Ma questa energia, in definitiva, è nostra non per dominio ma per invocazione.

E forse arrivare a riconoscere, come disse (con felicissima iperbole) Luigi Giussani quella volta, davanti a Giovanni Paolo II, che

È il mendicante il vero protagonista della storia

Siamo qui per aderire a questa commossa invocazione, che coinvolge tutto il cuore dell’uomo. E che per questo esatto motivo, è una operazione di una maestosa, direi cosmica, dignità.

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Autore: Marco Castellani

Astrofisico, divulgatore, scrittore.

2 pensieri riguardo “A casa, in un universo più amico”

  1. La coscienza dell’uomo è il luogo in cui la vita che scorre viene interpretata, indirizzata e da cui la coscienza riceve feedback interpretativi che a loro volta la influenzano.

    In questo gioco di rimandi, di modellamenti continui, di adattamenti reciproci, è il nostro sguardo che decide la griglia interpretativa con cui guardare / guardarsi. Così le contingenze di eventi diventano significative, coagulano segni appunto, se c’è una coscienza che raccoglie gli eventi e li legge sotto quella luce. A mio parere non esiste un casaccio ingovernato, ma neanche un significato predefinito. A me pare che la vita sia qualcosa di così aperto che può soltanto essere vissuta nel suo divenire, e spetta a noi, esseri dotati di coscienza, assumere un compito evolutivo che sia la selezione accurata di ciò che sia propulsivo senza lasciare indietro niente e nessuno. Perciò è nostra la responsabilità di “leggere i segni dei tempi”, cioè di interpretare ciò che non ha forma per dargliene una e da lì far emergere quella creatività di cui la vita si nutre per rilanciare ogni volta verso nuovi passaggi.

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