La vita vuole vivere

Alcune considerazioni a margine del dialogo tra Marco Guzzi e Federico Faggin

“La Vita vuole vivere” (come dimostra questo fiore sbocciato sul pavimento del mio terrazzo).

Questo postulato è alla base della teoria darwiniana.  Ma perché la vita vuole vivere? Vivere non è semplice, non è privo di dolore e fatica. Marco Guzzi ci ha detto, in uno degli ultimi incontri a cui ho partecipato, che Buddha sosteneva che stare in un corpo è irritante, è in pratica un fastidio continuo, c’è sempre, in ogni istante, qualcosa che ci infastidisce, e questo quando le cose vanno bene. Allora perché la vita vuole vivere? Lo diamo per scontato ma non lo è affatto.

Il postulato che sta alla base della teoria di Faggin è invece che la Coscienza (Uno, Spiritus, Aνεμος…) vuole essere sempre più cosciente, cioè vuole conoscersi sempre di più.

Ciò spiegherebbe perché la Vita vuole vivere, a tutti i costi. Per conoscere bisogna essere vivi, conoscere non può prescindere dal vivere, anche se ciò implica fatica e dolore.

Certo ci si può fare la stessa domanda: perché la Coscienza vuole diventare sempre più cosciente?

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La scienza è un metodo

Definire bene le cose è il primo passo verso la chiarezza del pensiero. La corretta definizione di scienza la libera da tanti pregiudizi e ne restituisce la limpida semplicità che le è propria.

In effetti è così. La scienza è essenzialmente un metodo. Cultura e spiritualità hanno un compito pedagogico infinito, anche (aggiungo io) nel farci comprendere la vera natura dell’impresa scientifica.

La scienza è un metodo straordinario che ha dato risultati travolgenti. Un metodo di verifica, decisamente un bel metodo. Capace di schiarire la mente, aveva davvero ragione Friedrich Nietzsche. Personalmente, ho sempre avvertito come un buon articolo scientifico faccia pulizia nel cervello, allontani un po’ le paure ingiustificate, liberi i neuroni da tante scorie di pensieri pseudo filosofici perlopiù errati. La vera scienza fa bene al cuore, alla mente e al fisico.

Lo scientismo è invece una filosofia (da quattro soldi, aggiunge Marco Guzzi in questo estratto). Propria di persone che non conoscono la filosofia, i grandi passaggi del pensiero filosofico. Costellato di dogmatismi, che sono quanto di meno scientifico esista al mondo. Abbiamo un compito, che è quello di celebrare la scienza, difendere la vera scienza, dandole il suo ambito, che è un ambito molto preciso.

L’estratto a cui mi sto riferendo è una piccola parte della ben più estesa video intervista “Costruire la PACE dentro un sistema di GUERRA” a cura di Silvana Carcano, reperibile da YouTube (e per la limpidezza di visione e la rilevanza dei temi trattati vale senz’altro la pena di guardarlo tutto, anche se la parte dedicata alla scienza, di interesse specifico in questa sede, è concentrata nell’estratto che proponiamo).

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Siamo più delle macchine: Federico Faggin al Festival della Letteratura di Mantova

Riporto alcuni appunti riguardo all’incontro di Federico Faggin (che tutti conosciamo) intervistato da Elisabetta Tola (giornalista scientifica, conduttrice della trasmissione Radio3Scienza) sul tema “Siamo più delle macchine”. Il resoconto è intervallato da alcune mie considerazioni, evidenziate in corsivo.

L’incontro è iniziato con una presentazione biografica di Federico Faggin, a partire dalla sua infanzia a Vicenza, gli studi e le sue imprese alla Silicon Valley, che l’hanno portato a interrogarsi sul substrato fisico della consapevolezza. In seguito ad alcune cruciali esperienze spirituali, che hanno rigenerato il suo punto di vista sul rapporto tra realtà fisica e coscienza, Federico è stato costretto a rivedere completamente l’approccio teoretico con il quale aveva affrontato il problema della coscienza, trovando nel contempo la via per uscire dalla crisi di senso (propria dell’uomo moderno) nella quale il suo animo era imprigionato. In questo percorso ha creato una fondazione con lo scopo di promuovere la scienza della consapevolezza.


Il suo discorso parte dalla considerazione che nell’universo possono essere identificati due aspetti complementari: un aspetto creativo e un aspetto algoritmico. L’aspetto creativo si esprime nell’animo umano, che si impegna e riesce a risolvere i problemi che l’esistenza gli sottopone, e che inoltre si dedica allo sviluppo delle arti, alla ricerca della verità e della bellezza. La creatività non è propria solo dell’umano, ma di tutta la vita in genere. Ogni essere vivente, dal più semplice al più complesso, è impegnato a risolvere problemi che gli sottopone l’esistenza e, e come noi, lo fa in maniera creativa, secondo le capacità di cui è dotato. Di contro, l’aspetto algoritmico consiste in tutte quelle attività che riconosciamo come meccaniche e riconducibili a fenomeni deterministici. La ricerca scientifica si è concentrata sugli aspetti deterministici, e quindi abbiamo scoperto l’esistenza di leggi fisiche cui risponde la materia. Il punto è che anche la materia vivente risponde alle leggi fisiche, ma essa non è determinata solamente da queste: in essa è presente anche un aspetto creativo. Il problema della scienza (e anche della civiltà occidentale, ora globalizzata) consiste nell’aver perso di vista il valore “cosmico” dell’aspetto creativo della realtà.

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Dis-illusione

La (dis)illusione è in corso.

Ormai l’indeterminazione di Heisenberg la citano tutti, tanto che da principio è scesa a battuta (di spirito). Il metodo scientifico, come via di conoscenza, procede solo per misurazioni. Misuro dunque è. Esiste ciò che è misurabile. Ma nel momento in cui misuro o tento di farlo si scatena l’interazione, quindi ciò che misuro è l’effetto della mia interazione, di me che misuro, con ciò che vorrei misurare. Eppure quella grandezza la vedo solo così, si rivela a me solo così, nell’interazione che misuro.

L’oggettività sparisce, origliare da fuori non è consentito, io faccio parte del gioco, giù dagli spalti, scendo in campo e sono gettata nella mischia.

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Oltre il principio di inerzia

In questo scritto vorrei dare corpo ad una intuizione poetica riguardante una legge fondamentale della fisica classica: il principio di inerzia.

L’intento non è scientifico, nonostante ormai sappiamo che anche nelle scienze cosiddette esatte è stata sfatata la pretesa di certezza assoluta e incontrovertibile. L’emisfero sinistro del cervello infatti, deputato alle funzioni razionali, di controllo e della volontà, è chiamato ad integrarsi con il destro, sede dell’intuito, dell’intelligenza emotiva e della ricezione passiva.

Questo testo spero possa essere un contributo in questa direzione, nonostante l’apparente stranezza e vaghezza delle riflessioni proposte.

Vi chiedo perciò di immaginare come un piccolo gioco, nel quale lasciarci condurre dalle libere associazioni, mantenendo però vigile l’attenzione e l’accuratezza del pensiero.

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Sereno (un giro immortale)

Siamo giunti all’ultimo gradino del nostro itinerario,  del nostro viaggio tra fisica e filosofia (iniziato dagli antichi greci e approdato infine a  Heidegger). Attraverso le intuizioni di alcuni grandi filosofi abbiamo visto come cambia la visione dell’universo e della realtà in cui viviamo. La fisica contemporanea ci conferma di abitare un mistero del quale non siamo soltanto spettatori, ma co-creatori, attori incarnati, centri focali energetici e vibranti. Siamo universi noi stessi, infinitamente misteriosi.

Conclusioni

Che cosa possiamo dire al termine di questo excursus? Quale visione dell’universo e della realtà emergono dalle parole di questi filosofi? quale connessione essenziale con le scoperte della fisica contemporanea richiede di essere pensata ed elaborata assieme per preparare i presupposti di una nuova cultura?

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Martin Heidegger e il poetico

Stiamo per raggiungere la fine, e in questa ultima tappa del nostro viaggio tra fisica e filosofia (siamo partiti dalla filosofia greca, per giungere alle soglie della modernità con Giordano Bruno e la svolta copernicana, ci siamo quindi soffermati sulla rivoluzione operata da Kant, e abbiamo infine esaminato il pensiero di Nietzsche) incontriamo uno dei pensatori più importanti del ‘900: Martin Heidegger.

Anche qui, ci facciamo accompagnare da questo grande filosofo essenzialmente per ciò che abbiamo a cuore in questo scritto: cercare di capire quale via, quale direzione potrebbero indicarci queste grandi svolte nel pensiero che ci precede, per procedere oltre però, cercando di rimanere fedeli alla missione che questi stessi autori ci hanno indicato.

Martin Heidegger (Permission and copyright by dr. Hermann Heidegger)

Bene, Heidegger può aiutarci a proseguire lungo questa scia che da Bruno, passando per Kant e poi per Nietzsche, quasi ci costringe a tentare una nuova interpretazione dell’universo e della realtà, e quindi anche dell’essenza dell’uomo.

Egli fin dai suoi primi scritti affronta il problema della realtà delle cose, ovvero della domanda fondamentale della filosofia: che cos’è l’essere?

Qualsiasi cosa prendiamo in considerazione infatti, possiamo dire che è, che in qualche modo partecipa dell’essere, che è come un minimo comune denominatore di tutta la realtà. Il problema che Heidegger pone tuttavia è il seguente: come è possibile che l’essere sia, allo stesso tempo, ciò che di più evidente possiamo affermare circa l’essenza delle cose, eppure ciò che è più indefinibile?

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Friedrich Nietzsche e il cambio di paradigma

“La nuova concezione del mondo: un dialogo fra fisica e filosofia” (quarto capitolo)

In questo umile cammino del pensiero, stiamo cercando di intravedere i tratti misteriosi ma incalzanti di una trama che attraversando i secoli ci conduce, proprio ora, ad una nuova visione dell’universo e della realtà dell’essere umano. Siamo partiti infatti dalla filosofia greca, per giungere alle soglie della modernità con Giordano Bruno e la svolta copernicana. Da ultimo ci siamo soffermati sulla rivoluzione operata da Kant, per la quale siamo chiamati a mutare profondamente il rapporto fra l’oggetto di ogni conoscenza e il nostro stesso sguardo. In questo nuovo capitolo infatti questa intuizione viene approfondita, aprendo a nuove e inedite scoperte.

Facciamo ancora un passo oltre. So che mi starete un poco odiando con tutti questi filosofi e concetti e astrazioni, ma credetemi, ne varrà la pena, perché credo che stiate intuendo quale grande apertura di prospettiva si stia lentamente annunciando attraverso questi grandi pensatori.

Ebbene, spostando il nostro orologio ideale alla seconda metà dell’ottocento arriviamo a Friedrich Nietzsche, un pensatore che ha segnato la nostra storia recente, al di là del bene e del male direi. Nietzsche ci interessa perché sviluppa e prosegue sulla scia di Kant alcune intuizioni che poi saranno pienamente sviluppate dalla fisica teorica contemporanea.

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Immanuel Kant e la rivoluzione copernicana

“La nuova concezione del mondo: un dialogo fra fisica e filosofia” (terzo capitolo)

Proseguiamo il nostro viaggio nello spazio e nel tempo (dopo aver pubblicato già una prima e una seconda puntata), anche se, forse, una precisazione è d’obbligo. Ciò che anima questo scritto è essenzialmente un intento creativo e poetico; vorremmo cioè cercare di capire come lo sviluppo del pensiero filosofico si intrecci con quello scientifico in una unità che però è costitutiva nel cambio di paradigma che stiamo vivendo. La nuova rivoluzione scientifica del nostro tempo infatti, è presente in tutti i campi, e attraverso questi filosofi vorremmo cercare di trovare quegli scorci, quelle luci, in grado di indirizzarci e di guidarci verso questo altrove che ci chiama a nuove prospettive e ad altri sguardi sulla realtà che ci abita e ci circonda.

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La svolta della modernità

“La nuova concezione del mondo: un dialogo fra fisica e filosofia” (secondo capitolo)

Siamo partiti dalle origini del pensiero antico per mostrare che in realtà la svolta del pensiero moderno, di cui siamo eredi, nasce proprio dal rinnovamento dei presupposti della filosofia greca. Questo è importante da capire perché significa che se vogliamo operare un cambiamento e tentare di ricollegare i vari ambiti del sapere umano, è necessario ritornare alla fonte del problema, cercando di rovesciare la struttura di fondo che in realtà accomuna gli antichi e i moderni.

Già a partire dal ‘500 però, accade qualcosa di inaspettato…

Giordano Bruno e la “nova filosofia”

Ecco allora che vi propongo un percorso attraverso quattro pensatori moderni della storia della filosofia che, nella loro evoluzione, ci hanno insegnato a contemplare la nostra realtà e il nostro universo in modo del tutto differente, talvolta anticipando alcune concezione che sarebbero apparse nella fisica sperimentale solamente alcuni decenni o secoli dopo.

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