IA e disumanizzazione accelerata

Come l’essere umano ha già perso il controllo dell’intelligenza artificiale

Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria esplosione di sistemi di intelligenza artificiale (IA, molti preferiscono usare “sistemi intelligenti”, io preferirei qualcosa del tipo “sistemi algoritmo-automatici”). Così è stato anche in ambito militare dove solitamente (purtroppo) avvengono le innovazioni principali che poi vengono dispiegate anche in ambiti civili (ad esempio: l’energia atomica, la rete internet, il GPS, ecc…).

Immagine dell’autore, creata con GIMP

La tecnica in genere ha portato anche in ambito militare una disumanizzazione dei conflitti. Non è che prima dell’arrivo della polvere da sparo i conflitti fossero “umani”, ma per lo meno c’era un contatto di corpi, uno scambio di sguardi, si sentiva l’odore di sangue e morte, un clangore metallico di spade (avete presente a quanti dà fastidio lo sfregare delle posate?), ecc… Con l’evoluzione tecnologica si è passati ad un distacco sempre più ampio. Si ammazza da lontano: dentro enormi bombardieri, lanciando missili davanti a schermi a centinaia di chilometri di distanza dall’obiettivo da colpire o guidando a distanza droni. Nell’ultimo secolo, si è perso un contatto fisico con il nemico, non essere più sul campo vuol dire non essere coinvolto emotivamente, non c’è possibilità che emerga una qualsiasi forma di empatia.

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La danza cosmica di miliardi di stelle

Disponibile anche il secondo video del progetto Darsi Spazio. Una breve descrizione e soprattutto, un invito alla visione.

Nell’articolo precedente è stato introdotto il progetto Darsi Spazio, che è già arrivato alla pubblicazione del secondo dei sei dialoghi previsti per quest’anno (uno al mese, fino a giugno).

Lo spunto di partenza di questo dialogo è una frase di Marco Guzzi, pubblicata su Facebook qualche tempo fa

… soltanto lo Spirito che in questo istante sta dando la vita alle foglie del ficus sul mio terrazzo, soltanto la Potenza creatrice che mi sta donando questo esile respiro, dolcissimo e tenue filo di vita, soltanto la Mente geniale che lascia ruotare le galassie nella loro danza nucleare, potrà guidare anche i nostri passi.

Colpiti e confortati da questo pensiero largo, che considera tanto le foglie di una pianta sul terrazzo di casa quanto le galassie nella loro danza nucleare, ci siamo chiesti cosa possiamo dire di questi meravigliosi fenomeni di danze stellari, cosa accade nello spazio intorno a noi, se la galassia di Andromeda si “scontrerà” con la nostra in un remoto futuro e se sarà realmente un evento traumatico, come la mente sarebbe portata a credere.

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In partenza per lo spazio

La gestazione è stata lunga, l’idea di base ci era venuta diversi mesi fa. C’è voluto però un lavoro paziente di messa a fuoco, di limatura, di cura del dettaglio, di valutazione tecnica. Incontrarci, ogni tanto, riparlarne. Sfrondare dalle cose inutili, definire i contorni, piano piano.

Tutto perché il nostro obiettivo venisse più chiaramente portato alla luce: l’obiettivo cioè di rendere un servizio (innanzitutto ai praticanti Darsi Pace, ma più generalmente a chiunque sia interessato). Parlare del cosmo dal punto di vista scientifico, filosofico e spirituale insieme, onorando e raccogliendo – in prima istanza – tanti spunti che vengono dal percorso Darsi Pace, così intrinsecamente e splendidamente cosmico. Era davvero diventata una esigenza, per noi.

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Un approccio ragionevole

Cosa ci può dire un libro di alcuni decenni fa, sul modo corretto (e bello) di fare scienza, oggi?

L’impresa scientifica – l’abbiamo sottolineato molte volte, in queste pagine – non ha per nulla bisogno (contrariamente a quanto comunemente si pensa) di un asettico distacco dell’esaminatore rispetto al materiale di laboratorio, mentre si giova moltissimo di un approccio inverso, dove anche il sentimento viene tenuto in debita considerazione. Si tratta però di capire bene in che modo tenerne conto.

La gioia dei tecnici NASA all’arrivo della sonda New Horizons su Plutone, al suo “risveglio” avvenuto con successo, dopo anni di silenzioso viaggio…

Urge contestualizzare. In questi mesi, accogliendo un suggerimento di lavoro proveniente dal movimento di Comunione e Liberazione, ho ripreso dall’inizio il testo di don Luigi Giussani, forse il suo più celebre: Il Senso Religioso. Questo costituisce il primo dei tre volumi in cui si articola la proposta del suo perCorso (gli altri sono rispettivamente All’origine della Pretesa Cristiana e Perché la Chiesa). Come è stato notato in altra sede, questo primo è un volume che parla pochissimo di metafisica o teologia, mentre si sofferma molto della modalità corretta del conoscere, considerata a ragione una premessa essenziale a tutto il resto. Riguardo poi il mio Giussani, con grande piacere (e con una innegabile senso di rassicurazione: ero finito nel posto giusto), mi accorsi già molti anni fa che i primi due volumi del suo perCorso sono presenti nella bibliografia consigliata per il triennio di Darsi Pace. Tutto torna, insomma.

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Il rapporto tra l’uomo e la macchina.

Guzzi, Faggin, Davide Sabatino e i Gruppi Darsi Pace. Con un invito, per domenica 29 ottobre, a Roma (o in streaming).

Il rapporto tra l’uomo e la macchina. È questa, a mio modo di vedere, una delle sfide decisive del nostro tempo perché ci costringe ad interrogarci su chi sia l’uomo, e se l’uomo si risolva in un meccanicismo deterministico equiparabile alle regole che governano la macchina.

In brevissimo – e rimando per ogni spunto personale al bellissimo saggio di Davide Sabatino all’interno dell’opera collettanea “La politica di una nuova umanità” – può dirsi che al giorno d’oggi ogni interrogativo sulla “natura” umana sia fortemente contaminato da una filosofia trans-umanista o post-umanista che promettendo un benessere maggiore ed una felicità incomparabile, tenta di scomporre l’uomo ad un insieme di dati, oppure ad un insieme di ingranaggi tecnici che possono essere fusi con le potenzialità dello sviluppo tecnologico, con la promessa prometeica di farci finalmente evadere dal nostro carcere interiore, dal nostro stato di minorità, ed elevarci a potenzialità neanche immaginabili.

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AltraScienza

(Ri)partiamo dall’inizio. (Ri)partiamo dal nome: AltraScienza.

Cosa intendiamo per “Scienza” più o meno lo abbiamo abbastanza in mente tutti. Magari non conosciamo esattamente i criteri su cui il metodo si fonda, ma che si basi sull’esperimento, e quindi sull’esperienza che facciamo dei fenomeni, possiamo darlo per assodato.

Con “Altra” invece la faccenda si complica.

Bene! qualcuno potrà esclamare, finalmente usciamo dalle strettoie della logica e dallo strapotere dei numeri e ci buttiamo sull’impressione delle viscere, sull’intuizione dell’istante… anzi finalmente usciamo proprio dalla scienza tout court!

Deluderemo qualcuno, ma non è questo il senso che ci ha spinti fin dalla nostra fondazione.

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Coscienza Cosmica

Avete la percezione che adesso siamo nel cosmo? chiede un po’ provocatoriamente un Marco Guzzi in ottima forma, nell’estratto che vi propongo e che proviene da un incontro del percorso Darsi Pace.

E il resto no, non ve lo anticipo: per non rovinarvi la visione.

Vi dirò solo che ci sono anche momenti di simpatico cabaret. Ma attenzione, non è semplice intrattenimento, appare piuttosto una trovata geniale – quasi un Koan buddista – per farci sbalzare fuori dagli strati arrotolati ed opachi dell’abitudine, farci davvero guardare  – almeno per un istante – con occhi cosmici.

Seriamente. Abbiamo la percezione che stiamo sfrecciando – ora – tra le stelle ad una velocità pazzesca, in rotazione in un ambiente vastissimo come la Galassia, che contiene centinaia di miliardi di stelle?

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Incontro di mondi

Una piccola fetta di torta giallina sembra raccogliere tutta la sostanza delle nostre vite, anzi della vita dell’intero universo. 4,9% dice il dato nudo e crudo, sul grafico.

È un po’ come guardare il mondo da un oblò, come cantava Gianni Togni, ma a differenza del cantautore non ci annoiamo affatto. Perché a prenderla dall’altro lato, c’è un 95,1% tutto da scoprire e pare che sia piuttosto affollato.

 

L’energia oscura farebbe espandere l’universo, la massa oscura darebbe ragione di effetti gravitazionali. Nulla di certo, teorie tratteggiate per spiegare come funzionano le cose, se si dà credito alle prove indirette sottese ad alcuni dati sperimentali.

La psicoanalisi ci ha sbattuto in faccia la vastità di un magmatico inconscio che erutta da bocche da fuoco quando deve sfogare impulsi incontrollabili. E poi si placa, fino all’eruzione successiva. Quello che ci è consentito di vedere è l’effetto dell’eruzione, ma il magma sottostante rimane fucina nascosta, in cui memorie di esperienze si rimodellano in un processo digestivo che produce rigurgiti, brufoli e magari acne tutt’altro che giovanile.

Davvero basta la ragione per la conoscenza di un universo così variegato? Davvero l’intuizione è strumento da escludere? L’emozione, che con l’azione, è antecedente al pensiero, come ci mostrano ora le neuroscienze, non ha proprio nulla a che vedere con la ragione? Eppure ne è la premessa. La corteccia arriva seconda. L’emozione e il gesto tagliano il traguardo per primi e ci fanno sentire ed agire prima di ragionare.

Umiltà: da qui parte Marco Castellani, nel suo intervento alla conferenza Astrofisica e Poesia, tenutasi a Villa Sora (Frascati) l’8 aprile 2017, per il ciclo “I tanti volti dell’umano.

Oggi lo studio dell’uomo e insieme lo studio del cosmo suggerisce proprio un atteggiamento di umiltà, derivante essenzialmente dal limpido riconoscimento, che non è mai stato così chiaro, di quante cose noi non sappiamo…. Mai il celebre motto socratico “so di non sapere”, a pensarci bene, è stato così manifesto, solo che lo si voglia guardare.

Partiamo da basso, ripartiamo da capo. A capo chino, chiamando a raccolta tutte le capacità umane, senza rifiutare nulla, senza escludere nulla.

Certo la scienza ha bisogno di discernimento, per stare alle regole del metodo. Forse però oggi la conoscenza è arrivata ad un punto in cui le è richiesto di fare un salto quantico per coagularsi ad un livello di sintesi più ampia, inglobante, dagli orizzonti più larghi.

Forse è giunto il tempo di avere uno sguardo a lunga gittata, inclusivo, che sappia fare sintesi di ogni forma di conoscenza umana, fino alle soglie della sapienza.

Senza mescolamenti omogeneizzanti, dove sia sempre possibile delineare lo specifico disciplinare e di ambito, dove però allo stesso tempo non ci siano barriere invalicabili, ma soltanto confini porosi su cui lo scambio, il confronto, la parola mediatrice si facciano luogo di incontro reale tra mondi che finalmente si riconoscono.

E forse così quella materia oscura e quell’energia oscura si potranno chiarificare.

Almeno un po’.

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