Un mondo, in costruzione

Quarta puntata. Percorrendo la nostra scala di quel mondo “fantastico” che è esattamente il reale, dopo aver parlato dei pianeti, ora possiamo e dobbiamo giungere fino lì, fino alle stelle. Per scoprire, in modo forse sorprendente, in quale misura dobbiamo proprio a loro quel che siamo, e come siamo…

Un’altra avventura è davvero ripartita in grande stile in questi anni, ed è quella della conoscenza delle stelle, questi oggetti celesti così peculiari (semplici a descriversi nel funzionamento di base e complicatissimi nei dettagli), e così ubiqui nell’Universo. “Dio mio è pieno di stelle!” esclama David Bowman nel capolavoro di Stanley Kubrik, “2001 Odissea nello Spazio” di fronte alla contemplazione della volta celeste. Ma già Dante stesso, molti secoli prima della cinematografia, ricorreva in fondo allo stesso “effetto” per narrare il suo ritorno al mondo naturale, dopo il suo viaggio ultraterreno nelle profondità dell’Inferno: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”

L’oggetto “stella” pertanto non riguarda appena gli scienziati, ma tutti  quegli uomini, presenti e completi, che cercano di trovarsi pronti alla sfida conoscitiva del nuovo millennio. Non fosse altro perché il dato di partenza, il banalissimo dato numerico, è che di stelle ce ne sono veramente tante. Le stime, ovviamente, non sono facili, e comportano una serie di assunzioni sullo sviluppo e la geometria dell’Universo, ma potremmo azzardare, con ragionevoli assunzioni, un numero dell’ordine di trentamila miliardi di miliardi. L’imponenza di questa cifra ci istruisce, già da sé stessa,  sull’importanza del “fattore stella”. 

Ad iniziare, naturalmente, dal nostro Sole. Già infatti per questa stella, nostra fedele compagna da più di quattro miliardi di anni, si annuncia un periodo denso di nuove scoperte (come ho cercato di evidenziare in un volume di recente uscita). Basta ricordare come l’approccio dell’Europa e degli Stati Uniti alla nostra stella, è stato ripreso in grande stile, proprio in questi mesi, con il lancio di Parker Solar Probe, avvenuto ad agosto dello scorso anno, e con quello di Solar Orbiter, il cui lancio è avvenuto proprio pochissimi giorni fa.

La sonda statunitense Parker Solar Probe prevede l’istallazione su un’orbita molto eccentrica, con passaggio all’interno della corona solare, ovvero con il transito dentro una delle regione più esterne del Sole! Per affrontare con qualche chances una simile impresa, la sonda è equipaggiata con degli scudi termini capaci di proteggere gli strumenti da temperature dell’ordine dei 2000 gradi Celsius. L’obiettivo è di condurre una attenta investigazione sulle complesse dinamiche del vento solare, e di arrivare a formulare previsioni attendibili riguardo lo scatenarsi delle temibili tempeste solari, sopratutto di quelle potenzialmente pericolose per le comunicazioni terrestri.

Ma la nostra Europa – possiamo dirlo con soddisfazione – non è rimasta indietro, in questa sfida conoscitiva importante. La risposta dell’ente spaziale europeo è come detto Solar Orbiter,  che permetterà di compiere osservazioni – in particolare – nella zona dei poli, non visibili dalla Terra. 

E muovendoci dal Sole alle altre stelle, è proprio difficile non occuparci dei progressi compiuti in questi anni di attività del satellite Gaia, un progetto dell’ESA, l’agenzia spaziale europea, che già da alcuni anni è nello spazio per realizzare un censimento accurato e senza precedenti della popolazione di stelle della Via Lattea.

Vi avverto, qui entriamo nell’attualità della ricerca più contemporanea, di cui è interessante dare almeno un assaggio. Siamo infatti ormai non lontani dal tanto atteso terzo catalogo di stelle di Gaia, che ci fornirà una compilazione accurata e molto precisa di un grandissimo numero di oggetti: avremo presto a disposizione un catalogo raffinato e completo per circa due miliardi di oggetti celesti.

E’ veramente un segno (tra i molti) di un’epoca nuova, anche per la scienza, per il modo stesso di elaborare le informazioni che ci giungono dal cosmo. Dati di questo tipo e di questa entità avranno infatti bisogno di anni ed anni per essere compiutamente analizzati e probabilmente, non finiremo mai di estrarre tutte le relazioni e derivare tutte le correlazioni, che questo catalogo così ampio rende per la prima volta possibili.

L’abbondanza di dati nella ricerca contemporanea è ormai tale, come sappiamo, che nuove tecniche stanno affiorando o si stanno comunque consolidando (quali quelle cosiddette di data mining) per insegnarci a leggere i dati cercando in essi determinate correlazioni. Queste tecniche nuove – in poche parole – cercano esattamente un senso e un percorso nella straordinaria abbondanza del dato empirico, ci addestrano a trovare una intelligibilità al reale. Ci aiutano soprattutto a capire che nessun senso può trovarsi se non a partire da una sorta di ipotesi ordinatrice che aiuti a leggere il reale secondo certe coordinate. Anche in questa relazione, ci teniamo fermi appunto a questo principio d’ordine, scommettendo sul fatto che il cosmo sia fatto per essere osservato, sia fatto – osiamo pur dirlo – proprio per noi. Per quanto spesso non ce ne rendiamo conto noi, in quanto esseri che pensano e che si pongono domande, costituiamo l’autocoscienza del cosmo, per citare il titolo di un libro di Luigi Giussani

Solar Orbiter, Gaia sono successi compiutamente europei, di una Europa che nella efficace sinergia di una collaudata e ben rodata rete collaborativa, riesce veramente e propriamente, ad arrivare alle stelle. Vale appena il caso di dire, di notare, che una impresa come questa non è che possibile, diventa finalmente possibile, soltanto federando i nostri sforzi, quali singoli paesi, aprendo le frontiere ed eliminando, o smorzando, diffidenze ed ostilità, per dare ampio respiro ad un progetto che è genuinamente sovranazionale nel senso più robusto e virtuoso.

L’Europa unita, l’Europa che ritorna a sognare il suo sogno, è capace di risultati che – in casi come questo – nemmeno le grandi potenze come USA e Cina possono vantare. Così che pensare, o ripensare, l’Europa a partire dalle sue acquisizioni scientifiche è certamente un modo per aiutarci a ritornare ad un pensiero di Europa bello, grande, degno di essere custodito e protetto. L’Europa che è così ben rappresentata dalla corona di stelle della sua bandiera, adesso risulta in primo piano nella corsa verso le stelle, propriamente intese. 

Sì, ma alla fine, a che ci servono tutte queste stelle? Possiamo e dobbiamo farci questa domanda, che è un’eco appena di questo approccio all’Universo, che ripropone con coraggio ma con umiltà, il ruolo centrale del soggetto conoscente, il ruolo primario dell’uomo: un uomo non più captivo ma contemplativo, che osserva invece di afferrare, che ha fatto proprie le esortazioni dell’enciclica Laudato Sì e di tanta parte della sensibilità contemporanea, ed ora cammina leggero e rispettoso in un cosmo incantato, il quale si mostra finalmente in tutta la sua bellezza. E appunto, la sua utilità.

La bellezza silenziosa della Via Lattea…

Dunque, non abbiamo paura di chiederci, finalmente e di nuovo, a che servono le stelle. E sorprendentemente, a questa domanda – posta con nuovo con ardimento – arriva una risposta operativa, arriva la risposta. 
Da un punto di vista umano, infatti, le stelle servono, le stelle sono indispensabili. Senza le stelle nessuno di noi ci sarebbe: non ci saremmo noi, i nostri corpi, ma neanche il computer o il tablet o lo smartphone, che ora state usando per leggere. Loro e voi, infatti, siete più simili di quanto potreste pensare: loro e voi, condividete l’origine ultima dei vostri atomi, dei mattoncini di cui siete costituiti. Possiamo dirla in questo modo, loro e voi siete fatti di stelle.

Davvero, a che servono le stelle? Detto in modo rigoroso, sono l’unica strada praticabile, per l’Universo, per la produzione degli elementi “pesanti”, ovvero tutti gli elementi diversi da idrogeno ed elio. E la cosa che ha colpito prima di tutto gli scienziati, è che non c’è verso di fare altrimenti. Infatti, il Big Bang, secondo gli scenari più accreditati, avrebbe prodotto (praticamente) soltanto idrogeno ed elio. Ogni possibile “canale” per produrre altri elementi appare sfavorito dalle sezioni d’urto nucleari: è tutto fatto in modo tale che la costruzione degli elementi sia demandato alle stelle, ovvero ad un ambiente più controllato e stabile, dunque tale (direbbero alcuni) da rendere possibile la vita.

Dunque, ogni atomo del nostro corpo, ogni particella infinitesima di voi stessi e delle persone che avete accanto, delle cose che usate, è stato assemblato – molti molti anni fa – nell’interno di una stella, e poi messo a disposizione nel cosmo, come semplice e fondamentale mattoncino da costruzione.

Le stelle sono dunque – in senso molto molto materiale e concreto – parte di noi. E forse non solo “stanno a guardare”, come recita il titolo di un famoso romanzo di Archibald Joseph Cronin. Forse, in qualche modo, ci aspettano.

Il presente testo costituisce la quarta parte di un intervento pubblicato integralmente sui Quaderni dell'Associazione Italiana Theilhard de Chardin (Teilhard aujourd’hui), dal titolo "Dalla gravità al senso del bello", qui riprodotto (in forma rielaborata) per gentile concessione dell'Associazione. La prima parte, la seconda parte e la terza parte sono già stati pubblicati. La serie si concluderà con il prossimo post. 
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Autore: Marco Castellani

Astrofisico, divulgatore, scrittore.

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