Solo il fantastico, è reale

Terza puntata. Dopo aver speso qualche parola sul tipo di universo in cui ci troviamo a vivere, e come si può interpretare anche il dato scientifico più aggiornato perché ci torni a “parlare” di nuovo, ora iniziamo a percorrere una suggestiva e misteriosa strada, che sembra capace di portarci, se la vogliamo seguire davvero, fino alle lontane stelle…

Come avverte un poeta contemporaneo rumeno, Valeriu Butulescu, “La poesia è nata la notte in cui l’uomo ha iniziato a contemplare la luna, consapevole del fatto che non era commestibile”. Vi è dunque, all’origine dell’atto poetico, un primordiale atto di osservazione, di contemplazione, del cielo. Da qui in avanti la vera scienza non può che nutrirsi di meraviglia: il ricercatore ha bisogno non solo di dati e tabelle, proiezioni e statistiche, ma di attingere continuamente alla categoria del fantastico, per mantenere la mente aperta, ricettiva a quei segnali dall’universo, che altrimenti perderebbe. 

Una mente chiusa, infatti, convinta che non vi sia niente (altro) da sapere, niente da sorprendersi, ottiene una risposta congruente alla sua ipotesi iniziale, perché in fondo, vede solo chi vuol vedere. Una mente davvero aperta affonda ogni momento in un cosmo ricco di segnali di ogni tipo, si immerge in una rete cosmica di continua imprevedibilità.

Già Theilard de Chardin avvertiva che “nella scala cosmica, solo il fantastico ha la possibilità di essere veritiero”.  Sono parole importanti che ci aiutano ad operare quella rivoluzione mentale che è sempre più urgente, per decifrare i segnali del cosmo riuscendo a dar loro un senso nuovo e fresco, ed un ordine compiuto.

Dobbiamo innanzitutto dunque – anche con la necessaria drasticità – che non c’è ormai più spazio. Non c’è spazio per il sentimento, appagante soltanto in apparenza, del senso dell’inconoscibile, o per quello così supponente, del già saputo. C’è spazio – rimane ancora spazio – solo per il sentimento dello stupore, con il quale vogliamo, nel seguito, percorrere questa “scala del fantastico”. La sola, ormai, che giustifica lo sforzo e il costo dell’avventura scientifica. 

Percorriamo  dunque questa scala verso le stelle, in ossequio alla frase di Theilard, convinti che solo prendendo estremamente sul serio questo asserto, possiamo riattivare la carica di meraviglia del cosmo, rimetterla in circolo per l’uomo moderno, permettere una fruizione del cielo molto più profonda e felice della trascuratezza “catodica” di tanta parte della vita moderna.

Per fare questo scelgo di muovermi su una sorta di doppio binario. Accanto alle acquisizione dell’astronomia contemporanea, riporto delle frasi scritte da alcuni ragazzi delle scuole medie inferiori, che hanno a tema proprio lo stupore dell’uomo davanti alla contemplazione del cosmo. Questi ragazzi hanno lavorato di recente su alcuni miei racconti a tema astronomico (ora raccolti nel volume “Anita e le stelle”, Arsenio Edizioni, 2019). Superando sovente, con felice giovanile intuizione, il materiale stesso che avevano a disposizione.

Per inciso, la delicata e luminosa introduzione del volume, a cura della professoressa Carla Ribichini (parte attiva e direi decisiva di questo lavoro educativo), contiene degli esempi del tipo che vi proporrò alla lettura, in questa e nelle prossime puntate di questo piccolo percorso guidato che stiamo cordialmente percorrendo, assieme.  

Annota dunque Davide, che  «a volte  mi sento brillare  come una stella che  non vive in cielo, vive sulla  terra e brilla anche di giorno.  È facile sentirsi una stella, basta amare  la vita e sentire dentro la vera stella che  vuoi essere. Dentro tutti siamo stelle.» Così viene da pensare che l’astronomia abbia tra i suoi obiettivi ultimi proprio questo, di fare evolvere la stella che è in noi. E il percorso per le stelle, lo comprendiamo bene, è da affrontare con gradualità, con pazienza. 

Anche noi, confortati dalle intuizioni dei più piccoli, possiamo ormai osare di più, arrivando a sostenere che all’origine dell’universo vi sia un atto poetico: sempre Theilard avverte infatti che “È nel nostro dovere – di uomini e donne – comportarci come se i limiti delle nostre capacità non esistano. Noi siamo i co-creatori dell’Universo.”

Probabilmente quello che ci è chiesto in quest’epoca di transizione, anzi in questo “cambiamento d’epoca” (come acutamente qualifica il tempo presente anche Papa Francesco), è proprio prendere coscienza di questo nostro stato di co-creatori che ci chiama senz’altro ad una grande ed emozionante responsabilità. Abbiamo una parte attiva nel cosmo e finalmente stiamo imparando cosa questo possa voler dire, e come possa operare come un vero ribaltamento concettuale nella carne dei nostri pensieri, del nostro essere donne e uomini di questo millennio.

Con questo spunto di consapevolezza, proviamo a percorrere qualche gradino della scala del fantastico, cui accennava Teilhard. Il primo gradino da cui non possiamo prescindere, anche per una opportuna contingenza celebrativa, è quello della nostra Luna.

Il primo corpo celeste mai esplorato dall’uomo, l’unico spazio esterno alla Terra sul quale l’uomo ha potuto mettere piede. Era infatti il 20 luglio del 1969, poco più di cinquanta anni da adesso, quando accadde l’evento che avrebbe rappresentato un vero punto di svolta, nel rapporto dell’uomo con il cielo.

La Luna dista da noi quasi 385.000 chilometri: a pensarci è una vera sorgente di stupore il semplice fatto che questo viaggio sia stato compiuto con la tecnologia degli anni sessanta! Ma l’arrivo sulla Luna è (come una bella mostra presentata all’ultimo Meeting di Rimini, chiamata “Bolle, pionieri e la ragazza di Hong” testimonia) niente altro che una tappa importante dell’epopea di esplorazione e scoperta americana (e universale, in un senso più largo). Anche qui l’umanità delle persone si “contamina” con la scienza, tanto che l’astronauta Buzz Aldrin – il secondo uomo ad aver messo piede dopo Neil Armstrong – potrà in seguito scrivere, “Bellezza mai vista prima. Magnifico, pensai. Magnifica desolazione. Non sarei più tornato sulla luna: che cosa avrei fatto ogni giorno, che missione mi sarebbe stata assegnata?”,  fino a chiedersi, con straordinaria lucidità ed onestà umana “Se non era per qualcosa di straordinario, perché alzarsi dal letto?”

Domande che giungono fino a noi, cinquant’anni più tardi, ancora cariche della loro potenzialità esistenziale, punti fermi di interrogazione per ognuno di noi, dopo la fatidica data di allunaggio dell’Apollo 11. Ennesima conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che ogni passo nell’esplorazione dello spazio esterno segna un allargamento del tragitto di esplorazione dei nostri spazi interni, e delle domande a cui ognuno di noi deve dare risposta: prima che teoretica, una risposta operativa, concretissima e quotidiana. Già Carl Gustav Jung, del resto, ci avvertiva che “L’anima contiene non meno enigmi di quanti ne abbia l’universo con le sue galassie, di fronte al cui sublime aspetto soltanto uno spirito privo di fantasia può non riconoscere la propria insufficienza.” 

Negli ultimi anni si è registrata una straordinaria espansione della nostra conoscenza nei vari ambiti del Sistema Solare, arrivando ad ambiti per molto tempo accesso esclusivo del fantastico. Il passo successivo di cui ci vogliamo occupare infatti è certamente un grande passo, perché ci trasporta a circa sessanta milioni di chilometri da Terra.

Il pianeta Marte infatti è l’ambito per il quale più di frequente parliamo di possibile colonizzazione. E’ da tempo sotto osservazione da una grande quantità di sonde, che le orbitano intorno e ne solcano la polverosa superficie. Le foto che ci giungono da questo pianeta sono oggi di una nitidezza così estrema, che ci fanno ben comprendere come la tecnologia abbia veramente esteso la porzione di Universo che cade direttamente sotto la lente accurata della nostra capacità di indagine. Oggi semplicemente collegandoci ad Internet possiamo ammirare dei panorami marziani con un grado di dettaglio superiore anche alle foto delle nostre gite familiari. Mondi lontanissimi sono ora e per la prima volta alla nostra portata, ed anche questo è segno di un cambiamento d’epoca. 

Un selfie della sonda Curiosity su Marte. Notate il grado di dettaglio con cui ci arrivano queste immagini da luoghi così lontani ed inaccessibili… (Crediti: NASA)

Così in generale, in questi anni la capacità di vedere il Sistema Solare è cresciuta in modo impressionante, abituandoci alla contemplazione della diversità e della varietà più ampia. Il segno della diversità è, ora più di prima, la prima nostra cifra nel movimento verso l’alto e verso l’altro, la prerogativa imprescindibile del conoscere. Il confronto con tanti ambienti apparentemente inospitali ci conferma in maniera veramente convincente, della preziosità del nostro specifico ecosistema.

I siti della NASA e di altri enti e missioni spaziali (come Hubble, ad esempio), i siti di divulgazione astronomica (sia i blog che quelli istituzionali) ci offrono, in questo senso, uno spettacolo quotidiano di meraviglia con il quale possiamo nutrire il nostro profondo bisogno di bellezza e di comprensione del reale, in senso finalmente più ampio ed articolato rispetto ai logori e consolidati paradigmi “terrestri”. 

Nella prossima puntata, come promesso, arriveremo ad occuparci delle stelle. Non appena per capire cosa sono, ma per fare qualche considerazione poco più profonda, e capire – forse con sorpresa – che possono essere proprio qualcosa per noi

Il presente testo costituisce la terza parte di un intervento pubblicato integralmente sui Quaderni dell'Associazione Italiana Theilhard de Chardin (Teilhard aujourd’hui), dal titolo "Dalla gravità al senso del bello", qui riprodotto (in forma rielaborata) per gentile concessione dell'Associazione. La prima parte e la seconda parte sono già stati pubblicati. Il resto dell'intervento verrà reso disponibile attraverso successivi post.

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Autore: Marco Castellani

Astrofisico, divulgatore, scrittore.

2 pensieri riguardo “Solo il fantastico, è reale”

  1. Non vedo l’ora di rileggerti ancora: sei molto chiaro e apri alla nostra conoscenza del cosmo materiali preziosi. Grazie, Mariapia Porta

    1. Grazie carissima Mariapia! Tra un paio di giorni dovremmo essere online con la penultima puntata di questo piccolo ciclo. Sono contento che possa essere nutriente, spero lo sia fino alla fine!

      Un abbraccio,

      Marco

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