Frammentazione della scienza e consapevolezza mistica

Il Tao che può essere detto
non è l’eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l’eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.

Lao Tzu[1]

L’incipit del Tao Te Ching, uno dei più celebri testi di saggezza cinese, ci mette in guardia dal dare un valore di realtà essenziale a ciò di cui possiamo pronunciare il nome. Dare nome alle cose, voler specificare, distinguere, è origine di ogni separazione e molteplicità. Questo principio di saggezza universale, che riverbera nel comandamento mosaico di non farsi immagini o idoli di Dio, può aiutarci a focalizzare l’idea che esista una distanza infinita tra ciò che noi possiamo intendere razionalmente (spiegare) e ciò che è la realtà “ultima” delle cose. Non che la realtà ultima non possa essere avvicinata, ma semplicemente non può essere spiegata a parole, né può essere pronunciata verbalmente una qualsiasi “verità definitiva” sulla realtà essenziale.

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A partire da dentro

Astrologia, lettura dei fondi di caffè, delle carte, delle viscere degli uccelli o del loro volo…

La scienza non basta, la ragione da sola non basta a vivere, tuttavia ci aiuta a sfrondare, a grattare fino all’essenziale. Provo a partire da qui, ridotta all’osso, dotazione di base, nessun optional.

Guardiamo sempre fuori di noi per unire i puntini e trovare il disegno. E se guardassimo dentro di noi? Forse non dobbiamo unire i puntini, ma prendere in mano la penna e disegnare da capo, senza canovaccio, tutto da inventare.

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Planck, la fede e il mondo fisico

Premio Nobel per la fisica, Max Planck fu uno scienziato a cui dobbiamo moltissimo, in particolar modo per le sue intuizioni sulla teoria della meccanica quantistica. Anche appena tentare un profilo sommario della sua figura e dell’importanza che riveste per la fisica del Novecento, sarebbe soverchiante per le nostre forze e occuperebbe sicuramente molto spazio. Ci solleva pensare che, in fondo, non è nostro compito.

Qui, come di nostra abitudine, procediamo appena a piccoli passi (come ci insegna il bellissimo Salmo 130, non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze..) e vogliamo perciò focalizzarci specificamente su un suo testo del 1930, lasciando (per ora) agli approfondimenti personali il piacere di riscoprire la sua interessante figura di scienziato e sopratutto di uomo del nostro tempo.

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Le ZooScienze che sono e che verranno

Uno dei problemi del sapere contemporaneo è l’incredibile proliferare delle discipline del sapere, e della scienze in particolare: un vero zoo. Sviluppo inevitabile: all’aumentare delle conoscenze, per poter progredire.

Aristotele nonostante sia primariamente un filosofo scrive anche di astronomia e zoologia. Pochi fra gli antichi hanno generato nuove conoscenze in senso non trasversale: dai greci ai medioevali il sapere era uno e il sapiente studiava di tutto. Poi con la modernità l’albero si differenzia sempre più profondamente, discipline sempre più fitte nello zoo ramificato del sapere. Giù giù sempre più in profondità, sempre più specializzato…. la conseguenza l’abbiamo sotto gli occhi oggi: le discipline non parlano più gli stessi linguaggi, ognuno il suo gergo, non si capiscono più, non sono interessate l’una all’altra. Alla fine perdiamo il senso del tutto. Siamo esseri limitati: se il sapere aumenta aumenta anche il numero di discipline, è inevitabile; non possiamo essere tuttologi o pretendere che gli specialisti lo diventino, non sono superuomini (Figura 1). Quando capiterà mai a un geologo di leggere un articolo di biologia?

Figura 1, la progressiva specializzazione del sapere…
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AltraScienza

(Ri)partiamo dall’inizio. (Ri)partiamo dal nome: AltraScienza.

Cosa intendiamo per “Scienza” più o meno lo abbiamo abbastanza in mente tutti. Magari non conosciamo esattamente i criteri su cui il metodo si fonda, ma che si basi sull’esperimento, e quindi sull’esperienza che facciamo dei fenomeni, possiamo darlo per assodato.

Con “Altra” invece la faccenda si complica.

Bene! qualcuno potrà esclamare, finalmente usciamo dalle strettoie della logica e dallo strapotere dei numeri e ci buttiamo sull’impressione delle viscere, sull’intuizione dell’istante… anzi finalmente usciamo proprio dalla scienza tout court!

Deluderemo qualcuno, ma non è questo il senso che ci ha spinti fin dalla nostra fondazione.

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Superstizione?

Facciamo ora un test per valutare il tuo pensiero magico: così la dr.ssa Sophie Page si rivolge al giovane giornalista della BBC, Anand Jagatia, durante l’episodio di CrowdScience che sto ascoltando. L’argomento è intrigante. Mi piace scovare le trappole cognitive, i bias del pensiero, le euristiche che se ci aiutano nelle decisioni da prendere così su due piedi, rivelano poi le loro magagne una volta sottoposte ad una riflessione più attenta.

Mi preparo anch’io alla prova.

Prima domanda: hai un portafortuna?

No! Rispondiamo all’unisono Anand ed io.

Seconda domanda: se avessi un oggetto per te speciale, ad esempio un gioiello, che ti fosse stato regalato da una persona per te speciale e se avessi la possibilità di sostituirlo con un gioiello identico, lo scambieresti?

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Coscienza Cosmica

Avete la percezione che adesso siamo nel cosmo? chiede un po’ provocatoriamente un Marco Guzzi in ottima forma, nell’estratto che vi propongo e che proviene da un incontro del percorso Darsi Pace.

E il resto no, non ve lo anticipo: per non rovinarvi la visione.

Vi dirò solo che ci sono anche momenti di simpatico cabaret. Ma attenzione, non è semplice intrattenimento, appare piuttosto una trovata geniale – quasi un Koan buddista – per farci sbalzare fuori dagli strati arrotolati ed opachi dell’abitudine, farci davvero guardare  – almeno per un istante – con occhi cosmici.

Seriamente. Abbiamo la percezione che stiamo sfrecciando – ora – tra le stelle ad una velocità pazzesca, in rotazione in un ambiente vastissimo come la Galassia, che contiene centinaia di miliardi di stelle?

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Per un nuovo incontro

Il numero di abitanti umani sul pianeta Terra è in crescita esponenziale, con grandi dibattiti su come poter sfamare una tal folla: dobbiamo aumentare la produttività delle colture, ingegnerizzare geneticamente le piante per renderle resistenti alle specie aliene di parassiti e alla salinità di terreni sempre più spesso invasi da acque marine in rialzo. Sembra una reazione automatica in corrispondenza univoca: un problema una soluzione, o magari più di una, ma comunque tutte nella stessa direzione che non prende in carico la questione alla radice.

E se intanto, ad esempio, sprecassimo di meno? A dire il vero ci sono in giro per il mondo iniziative di piccola taglia che cercano di trovare sistemi veramente innovativi per fare scelte di vita a minor consumo energetico e quindi a maggiore sostenibilità. La tendenza del mainstream però è chiudere gli occhi di fronte alle cause del problema, pestare i piedi come un bambino capriccioso che non vuole mollare il suo giochino. Nonostante la casa in fiamme, i tentativi di spegnere l’incendio sono lasciati a pochi temerari, mentre i più continuano a fare ciò che hanno sempre fatto, cioè a gettare benzina sul fuoco, cercando poi di scovare stratagemmi per spostare la cenere. E se gli OGM non bastano, vediamo di trasferirci sulla Luna o su Marte, tanto qui sulla Terra farà presto piuttosto caldino. Elon Musk nel frattempo fa le prove lanciando la sua Tesla nello spazio

Ma come siamo arrivati a tanta disconnessione?

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Perché diffidiamo della scienza?

Le recenti polemiche sulla necessità della vaccinazione obbligatoria, che hanno trovato appoggio e risonanza, per certi versi, anche in uomini politici influenti (allargando se possibile la forchetta tra la scienza ufficiale e il sentire comune), lo hanno mostrato molto bene: siamo in una epoca in cui le bolle di diffidenza verso le acquisizione del pensiero scientifico, e più ancora, verso il suo stesso metodo, si sono fatte più forti, più spavalde. Hanno, in un certo modo, ripreso vigore, sentendosi anche, come dire, autorevolmente confortate.

Se per certi versi questo necessita, in taluni casi pratici, di alcune azioni urgenti (garantire la copertura vaccinale appare comunque indispensabile, anche a detta della maggior parte dei perplessi), è anche necessario, in sedi come questa, rimettersi davanti al problema senza infingimenti, per comprendere come si sia arrivati a questo punto, e come lavorare per migliorare la situazione, per mitigare questa frattura, questa scissione, che non porta, come vediamo, alcun conforto, non reca percepibili vantaggi.

Insomma, oltre l’urgenza, è necessaria la riflessione, l’elaborazione.

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Homo

A spostare la Terra fuori dal centro dell’Universo ci aveva già pensato Keplero: bocciata la fissità, iniziamo ad orbitare intorno al Sole, dentro un sistema solare a sua volta in movimento in un cosmo che gira.

Poi arrivò Darwin e così dovemmo restituire la medaglia d’oro, scendere dal podio ed accontentarci di una posizione periferica. Anzi, il podio è stato smantellato, non ci sono traiettorie lineari su cui correrebbero i partecipanti iscritti alla gara. Chiunque si presenta è ammesso alla corsa, deve solo essere ben equipaggiato perché l’esplorazione sarà avventurosa. Non ci sono mappe per il tragitto, lo si inventa mentre si è in corsa.

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