Per un nuovo incontro

Il numero di abitanti umani sul pianeta Terra è in crescita esponenziale, con grandi dibattiti su come poter sfamare una tal folla: dobbiamo aumentare la produttività delle colture, ingegnerizzare geneticamente le piante per renderle resistenti alle specie aliene di parassiti e alla salinità di terreni sempre più spesso invasi da acque marine in rialzo. Sembra una reazione automatica in corrispondenza univoca: un problema una soluzione, o magari più di una, ma comunque tutte nella stessa direzione che non prende in carico la questione alla radice.

E se intanto, ad esempio, sprecassimo di meno? A dire il vero ci sono in giro per il mondo iniziative di piccola taglia che cercano di trovare sistemi veramente innovativi per fare scelte di vita a minor consumo energetico e quindi a maggiore sostenibilità. La tendenza del mainstream però è chiudere gli occhi di fronte alle cause del problema, pestare i piedi come un bambino capriccioso che non vuole mollare il suo giochino. Nonostante la casa in fiamme, i tentativi di spegnere l’incendio sono lasciati a pochi temerari, mentre i più continuano a fare ciò che hanno sempre fatto, cioè a gettare benzina sul fuoco, cercando poi di scovare stratagemmi per spostare la cenere. E se gli OGM non bastano, vediamo di trasferirci sulla Luna o su Marte, tanto qui sulla Terra farà presto piuttosto caldino. Elon Musk nel frattempo fa le prove lanciando la sua Tesla nello spazio

Ma come siamo arrivati a tanta disconnessione?

Partiamo da un po’ più lontano per collocare il nostro tempo dentro una storia di Terra e di specie iniziata, per noi Homo sapiens, almeno 200.000 anni fa – anche se i ritrovamenti fossili continuano a spostare all’indietro i nostri riferimenti temporali.Raccogliamo dentro di noi una storia antichissima, di milioni di specie che si sono evolute in un gioco sottile di cooperazione e di competizione cui, anche noi, non possiamo sottrarci. La socialità è chiave per l’uomo, fin dall’esordio, quindi il riconoscimento di chi è parte del gruppo (in-group) e di chi non lo è (out-group) è cruciale per la sopravvivenza. Per millenni la salvaguardia della tribù prevalse sul singolo, la conformazione alla tradizione del clan familiare dettava le regole di vita o di morte.

Poi un evento scompiglia la storia: 2000 anni fa il Logos si fa carne, in un tempo e in un luogo precisi, con una potenza inaudita. Inizia così una narrazione nuova di corporeità da abitare appieno, perché anche il mio corpo è pieno di quel Logos che si è fatto Spirito per mostrarmi più pienamente che sono libertà in relazione fin dall’origine.

Il secondo Big Bang è esploso, ma questa volta è forza propulsiva che crea dall’interno del corpo di ogni donna e di ogni uomo, bisogna volerlo ascoltare per poterlo sentire davvero. Ma dalle esplosioni non si torna indietro. La potenza trasformativa di quell’incarnazione radicale è l’energia che la libertà umana aspettava per esprimersi ad un altro livello. Quel Figlio dell’Uomo è il volto umano così trasparente che il volto di Dio lo si vede in filigrana. Non lo volevo meno di così, ma non lo sapevo dire, adesso lo riconosco perché riecheggia intuizioni profonde. E in quella trasparenza c’è la verità di ognuno di noi, il mio Io-Figlio in relazione con il Padre che dà la vita.L’incarnazione ci mostra che il mondo ha valore, che il nostro corpo ha valore. Non dobbiamo più ritrarci e fuggire, possiamo espanderci, prendere lo spazio che ci serve, ascoltare il desiderio che ci motiva da dentro.Non aspettavamo altro che una parola di liberazione, ma l’ubriacatura ci fa deragliare: il desiderio si accascia sul bisogno, vogliamo dominio, controllo, il nostro io non sa (ancora) assaporare secondo giusta misura, deprediamo la Terra, facciamo incetta di beni lasciando scie di sterilità al nostro passaggio.

Dopo 1500 anni da quel secondo Big Bang abbiamo iniziato a pretendere sempre più autonomia perché “l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza” (Gen 3,6).

Solleticata da questo desiderio buono di conoscenza è nata la scienza moderna, che osserva la realtà e la mette alla prova. Se però sta troppo concentrata sull’indagine scientifica, la mente restringe il suo campo visivo, perde i contatti con la sensibilità e finisce per prostrarsi adorante davanti ai suoi idoli, dimentica della sua origine in relazione.

Sempre più lontani dalla sorgente della vita e sempre più smemorati, non ci resta che l’oggettivazione della realtà, la presa di distanza anche dal mondo e dal corpo. Proprio ciò di cui vorremmo impossessarci ci sfugge, scivola via, ne assaggiamo la buccia, ne comprendiamo alcuni aspetti di superficie, troviamo espedienti immediati a incognite specifiche, ma “Dirigere la mira oltre il bersaglio / è fare centro” (Marco Guzzi, Teatro Cattolico, pag 87).

Il metodo scientifico è diventato appannaggio della ragione logica che si occupa semplicemente dell’osservazione presunta oggettiva, dove il soggetto è fuori campo. Il Novecento però ha smascherato il difetto prospettico, il soggetto che indaga non può starsene fuori, non solo per il fatto stesso che indaga, ma perché nell’indagine mette se stesso, volente o nolente.

Il riavvicinamento però non è così pacifico, si recalcitra ancora per rivendicare oggettività ormai chiaramente illusorie.

Riabilitato il soggetto come cuore pensante, ci si sta rendendo conto che la conoscenza della scienza non è soltanto il bagaglio informativo necessario all’allestimento di dispositivi tecnologici. La conoscenza scientifica è di per sé un sistema interpretativo della realtà, definisce un modo di stare al mondo, proprio come conseguenza dell’incontro inevitabile ed inestricabile tra soggetto ed oggetto. Perciò lo scienziato non può sottrarsi alle domande sul senso di ciò che sta studiando, di ciò che sta scoprendo e quindi sulla responsabilità delle ricadute del suo lavoro.

Quel secondo Big Bang, anche in una lettura laica, continua ad inviare la sua radiazione di fondo ed oggi ci convoca nelle fattezze di una Nuova Umanità che imbocchi nuovi canali di vita, anche nella scienza. Il prendersi cura invece dello sfruttamento, la dedizione invece del dominio, la relazione invece della contrapposizione, l’abbassamento delle difese e lo scioglimento delle paure e perciò l’accoglienza invece della separazione.

 

Print Friendly, PDF & Email

Autore: Iside Fontana

Laureata in Scienze Biologiche, cristiana, appassionata dell’interrogazione teologica e di tutto ciò che si cimenti nel tentare una sintesi del pensiero per una conoscenza profonda del mistero della vita. Single.

2 pensieri riguardo “Per un nuovo incontro”

  1. Mi piace che tu abbia inserito in una storia naturale dell’universo anche la nascita di Cristo , evento dunque destinato a scompigliare non solo l’uomo , ma anche la realtà in cui abita. Si può fare su questo evento un discorso solo religioso o solo scientifico? Forse la novità epistemologica di oggi è che i vari saperi si intersecano, non possono ignorarsi, negarsi reciprocamente valore. La salvezza, se salvezza c’è, è collaborativa.

  2. “Mi piace che tu abbia inserito in una storia naturale dell’universo anche la nascita di Cristo, evento dunque destinato a scompigliare non solo l’uomo, ma anche la realtà in cui abita.”
    Sono particolarmente affascinata dalle interpretazioni che leggono la realtà e il suo dipanarsi come storia come l’unica condizione che abbiamo per fare esperienza e cioè per essere vivi. Per me l’incarnazione è seria proprio perché prende sul serio la storia che viviamo. Il farsi storia del Logos è la storia di Gesù di Nazareth, quel corpo, quegli incontri, quelle relazioni, quelle parole.
    Noi non siamo altro dalla realtà che abitiamo, ne siamo figli, da essa emergiamo con una potenza inaudita che è la nostra autocoscienza. Sta a noi decidere come volerla utilizzare, se metterla a frutto per una crescita comune o se rimanere invischiati nelle dinamiche polemiche dell’io ego-centrato, per usare il vocabolario di Guzzi.
    Solo se iniziamo a prenderci sul serio, senza vagheggiamenti, esattamente come Dio ci ha presi sul serio fino all’incarnazione, avremo la possibile di esplorare tutte le nostre potenzialità nella forma relazionale, creativa, di un bene comune che va oltre ogni localismo ristretto del benessere individuale.
    iside

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi