Siamo più delle macchine: Federico Faggin al Festival della Letteratura di Mantova

Riporto alcuni appunti riguardo all’incontro di Federico Faggin (che tutti conosciamo) intervistato da Elisabetta Tola (giornalista scientifica, conduttrice della trasmissione Radio3Scienza) sul tema “Siamo più delle macchine”. Il resoconto è intervallato da alcune mie considerazioni, evidenziate in corsivo.

L’incontro è iniziato con una presentazione biografica di Federico Faggin, a partire dalla sua infanzia a Vicenza, gli studi e le sue imprese alla Silicon Valley, che l’hanno portato a interrogarsi sul substrato fisico della consapevolezza. In seguito ad alcune cruciali esperienze spirituali, che hanno rigenerato il suo punto di vista sul rapporto tra realtà fisica e coscienza, Federico è stato costretto a rivedere completamente l’approccio teoretico con il quale aveva affrontato il problema della coscienza, trovando nel contempo la via per uscire dalla crisi di senso (propria dell’uomo moderno) nella quale il suo animo era imprigionato. In questo percorso ha creato una fondazione con lo scopo di promuovere la scienza della consapevolezza.


Il suo discorso parte dalla considerazione che nell’universo possono essere identificati due aspetti complementari: un aspetto creativo e un aspetto algoritmico. L’aspetto creativo si esprime nell’animo umano, che si impegna e riesce a risolvere i problemi che l’esistenza gli sottopone, e che inoltre si dedica allo sviluppo delle arti, alla ricerca della verità e della bellezza. La creatività non è propria solo dell’umano, ma di tutta la vita in genere. Ogni essere vivente, dal più semplice al più complesso, è impegnato a risolvere problemi che gli sottopone l’esistenza e, e come noi, lo fa in maniera creativa, secondo le capacità di cui è dotato. Di contro, l’aspetto algoritmico consiste in tutte quelle attività che riconosciamo come meccaniche e riconducibili a fenomeni deterministici. La ricerca scientifica si è concentrata sugli aspetti deterministici, e quindi abbiamo scoperto l’esistenza di leggi fisiche cui risponde la materia. Il punto è che anche la materia vivente risponde alle leggi fisiche, ma essa non è determinata solamente da queste: in essa è presente anche un aspetto creativo. Il problema della scienza (e anche della civiltà occidentale, ora globalizzata) consiste nell’aver perso di vista il valore “cosmico” dell’aspetto creativo della realtà.

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Frammentazione della scienza e consapevolezza mistica

Il Tao che può essere detto
non è l’eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l’eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.

Lao Tzu[1]

L’incipit del Tao Te Ching, uno dei più celebri testi di saggezza cinese, ci mette in guardia dal dare un valore di realtà essenziale a ciò di cui possiamo pronunciare il nome. Dare nome alle cose, voler specificare, distinguere, è origine di ogni separazione e molteplicità. Questo principio di saggezza universale, che riverbera nel comandamento mosaico di non farsi immagini o idoli di Dio, può aiutarci a focalizzare l’idea che esista una distanza infinita tra ciò che noi possiamo intendere razionalmente (spiegare) e ciò che è la realtà “ultima” delle cose. Non che la realtà ultima non possa essere avvicinata, ma semplicemente non può essere spiegata a parole, né può essere pronunciata verbalmente una qualsiasi “verità definitiva” sulla realtà essenziale.

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