IA e disumanizzazione accelerata

Come l’essere umano ha già perso il controllo dell’intelligenza artificiale

Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria esplosione di sistemi di intelligenza artificiale (IA, molti preferiscono usare “sistemi intelligenti”, io preferirei qualcosa del tipo “sistemi algoritmo-automatici”). Così è stato anche in ambito militare dove solitamente (purtroppo) avvengono le innovazioni principali che poi vengono dispiegate anche in ambiti civili (ad esempio: l’energia atomica, la rete internet, il GPS, ecc…).

Immagine dell’autore, creata con GIMP

La tecnica in genere ha portato anche in ambito militare una disumanizzazione dei conflitti. Non è che prima dell’arrivo della polvere da sparo i conflitti fossero “umani”, ma per lo meno c’era un contatto di corpi, uno scambio di sguardi, si sentiva l’odore di sangue e morte, un clangore metallico di spade (avete presente a quanti dà fastidio lo sfregare delle posate?), ecc… Con l’evoluzione tecnologica si è passati ad un distacco sempre più ampio. Si ammazza da lontano: dentro enormi bombardieri, lanciando missili davanti a schermi a centinaia di chilometri di distanza dall’obiettivo da colpire o guidando a distanza droni. Nell’ultimo secolo, si è perso un contatto fisico con il nemico, non essere più sul campo vuol dire non essere coinvolto emotivamente, non c’è possibilità che emerga una qualsiasi forma di empatia.

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Il nome alle cose

Una calda notte italiana, nel cortile dei miei nonni, la cittadina di Manfredonia, nel Gargano, sperimentò un black-out totale. Per la prima volta in vita mia vidi la Notte. Alzai lo sguardo, poiché il Buio benediceva ogni cosa e vidi il Cielo. Fu la prima volta che lo chiamai così.

Rapito, mi ingurgitava in un abisso di luci e rotazioni, disegni e incredibili geometrie. La bellezza terribile e insostenibile per un bambino di periferia già abituato a vedere la morte e le brutture del contemporaneo consumista, rovina delle rovine, pareva spalancare le porte di ogni morte che aveva ghermito il mio corpo: in qualche modo, quella meravigliosa Sapienza mi apparteneva e, ancor più, io appartenevo a lei, come ai monti e al mare che quotidianamente vedevo stuprare.

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