Un universo in corsa

Seconda puntata. Dopo aver realizzato come il modo “moderno” di guardare al cosmo non possa più “far fuori” la parte irriducibile di mistero che anzi risulta necessaria per accrescere il fascino dell’indagine stessa, ora iniziamo a vedere meglio di che tipo di universo ci stiamo occupando.

Essere usciti da una concezione di universo “statico”, pieno di stagnanti certezze ma ultimamente vuoto di mistero, non è certo senza conseguenze. La nozione di un cosmo in espansione ha meritoriamente relegato alla storia delle idee, proprio quel paradigma di universo stazionario, che per molto tempo ha preso spazio nei testi di astronomia e cosmologia, e che purtroppo per tanta parte ancora occupa la nostra mente, informa e definisce il nostro stesso modo di ragionare.

Il Big Bang, questa sorta di esuberante inizio del “tutto” (certo, i fisici avvertono che non si è trattato propriamente di una esplosione, ma possiamo pensarlo un po’ come tale), introduce un irreversibile dinamismo nell’armonia delle sfere, e legittima una visione storica, abilita un senso di sviluppo che è avvitato nel tempo, imperniato nel divenire, nella trasformazione progressiva, nel non essere mai uguale a sé stessi.

L’universo in continua accelerata espansione legittima il tempo e gli restituisce piena dignità, espulgendo definitivamente quel senso di immutabilità cosmica che ci ha accompagnato, probabilmente, fin troppo a lungo.

Da un punto di vista più specificamente spirituale, sembra lecito poter affermare che il dinamismo esplosivo avviatosi proprio con la teoria del Big Bang all’inizio del secolo scorso (non a caso sviluppato tra gli altri da un sacerdote cattolico, Georges Lemaître) riconcilia lo studio dei cieli con la nozione che tutto avvenga attraverso una storia – perché è ultimamente una buona notizia e dunque una storia (con fatti e date molti precise) e non un insieme di leggi o regole ciò che per il cristiano dona senso alla sua esistenza – tanto che l’intero universo obbedisce a questa regola.

Un universo sempre in divenire – per giunta in espansione accelerata – è intrinsecamente un campo di possibilità, un luogo di eventi, infinitamente più di un cosmo statico, congelato nell’essere perpetuamente uguale a sé stesso. Ed infatti, anche a livello conoscitivo, tante nuove prospettive si stanno aprendo, proprio in questi anni, nello studio dei cieli. La prima di queste è senz’altro la gravità. Partiamo proprio da qui, e vediamo come da questa possiamo poi muoverci verso quel senso del bello che è tra le specifiche coordinate della nostra piccola indagine.

Vediamo innanzitutto di che si tratta, con cosa abbiamo a che fare. Le onde gravitazionali sono i veri attori che si muovono su questo nuovo palcoscenico, che si è aperto da pochi anni, e che promette di regalarci un occhio nuovo per vedere le cose, per “sentirle” e sentirci parte di un universo sempre meno asettico e sempre più avvolgente.

Già previste dalla teoria della relatività generale di Einstein, sono state rivelate empiricamente soltanto un secolo più tardi. Nel 2015 l’esperimento americano LIGO rileva un segnale dovuto (come si capirà presto) alla fusione di due buchi neri, avvenuta in un remoto angolo del cosmo, lontano da noi miliardi di anni luce. Il segnale ricalca esattamente quanto il quadro teorico ci veniva suggerendo per eventi di questo tipo, fin nelle più infime sfumature. La concordanza è impressionante, anche per gli scienziati.

C’è dunque tanto in questi nuovi dati, c’è moltissimo: un mondo nuovo si apre, ed intanto che lo fa, ci conferma che quel che pensiamo di sapere è corretto. Come dire, siamo sulla strada giusta: certo, c’è molto da imparare (e su questo torneremo più avanti) ma nel complesso, le coordinate di movimento sono corrette. Di più, ancora: il mondo è conoscibile, e lo è tanto qui dove siamo, quanto negli ambienti più distanti. Non solo la teoria della relatività – uno dei più maestosi e compiuti “affreschi” della scienza moderna, l’ultimo concepito sostanzialmente da un uomo solo – riceve un’altra importante conferma. Ma è la stessa teoria di formazione dei buchi neri, un quadro teorico estremamente complesso e con esilissime verifiche sperimentali, che riceve una sostanziale e ed assai robusta conferma. Il profilo dell’onda che colpisce ai rivelatori – in quello storico momento – è perfettamente coincidente con la sua estrapolazione teorica.

Ci giunge da lontanissimo un messaggio estremamente importante: leggiamo in esso la conferma strabiliante e puntuale delle estrapolazioni scientifiche più coraggiose, riguardanti fenomeni di altissima energia, in zone lontanissime, in condizioni fisiche estremamente diverse da quelle a noi più familiari. Ecco il vero significato di quanto stiamo vivendo: siamo in un punto periferico di una gigantesca galassia, ma da qui possiamo ragionare sull’intero universo. Costituiamo davvero un punto privilegiato (o addirittura, il punto) in cui l’universo prende coscienza di sé, si guarda, si conosce.

In ogni caso, dal momento della prima storica rilevazione, la nuova cosmologia della gravitazione è andata già molto avanti: altra caratteristica di questi tempi, dove ogni progresso sembra naturalmente accelerato. Abbiamo rintracciato le controparti ottiche di alcune onde, ovvero siamo riusciti a collegare il segnale gravitazionale con un segnale luminoso. Non è cosa da poco, perché ci consente di localizzare nello spazio – con una precisione infinitamente maggiore – la provenienza dell’evento, e dunque “raggiungere” la galassia responsabile, e comprendere, capire ancora meglio, incrociando gli studi, i dati, le evidenze empiriche. Ed è bello ed importante notarlo, ci siamo anche come italiani. I rivelatori Virgo dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, hanno registrato anch’essi alcuni eventi di onde gravitazionali, e sono così entrati a testa alta nel network sempre più promettente, di questo fertile campo di indagine.

La gravità dunque, questa forza che (come insegna Einstein) piega lo spaziotempo sagomandolo secondo la distribuzione di masse in esso contenuto, dunque scardinando totalmente e rivoluzionariamente la percezione fallace di un universo “insensibile” a quanto accade al suo interno, è il nostro punto di partenza.

La consapevolezza di questa intima relazione, di questa inestinguibile connessione tra contenitore e contenuto, è senz’altro nel segno di questa nuova consapevolezza di cui parlavamo. Le onde gravitazionali in fondo sono appena dei minimi “stiramenti” della tessitura dello spaziotempo, sembrano il sommesso bisbigliare di un universo che reagisce e si modifica a seconda di quello che accade, che partecipa agli eventi e non è più – non sarà mai più! – pensato come un teatro di accadimenti, imperturbabile ed asettico. Non c’è un luogo di eventi, ma tutto è un evento, tutto è qualcosa che accade. Ora, in questo istante. L’onda ci porta una lezione che dobbiamo assimilare, piano piano, e che scardina i nostri arriginiti paradigmi mentali. Tutto è evento, tutto è storia. Niente è fuori dal flusso del divenire, dalla possibilità inesausta dell’imprevedibile, del sorprendente.

La bellezza, allora, rinasce e rifiorisce oggi, proprio dal coltivare questo senso di possibilità.

Ma cosa è il senso del bello, oggi, per un astronomo? Come si collega al suo specifico mestiere? Potremmo dire che la bellezza vive proprio nel nuovo modo di guardare all’universo, un modo pieno di incanto. C’è un universo infatti che si lascia guardare così, con rinnovato incanto. Un universo fatto di stelle, pianeti, certo: ma anche di incontri, di volti, di relazioni tra persone, tra persone e cose, tra le diverse parti dell’esistente, inclusa la coscienza umana, che ritorna finalmente protagonista, perno centrale di curiosa consapevolezza, per l’uomo che rivendica a sé, come avventura appassionante, l’indagine sulla natura ed il significato del cielo sopra di lui.

Un universo che intreccia indagine scientifica e cultura, scienza e poesia, perché finalmente si riconosce come figlio di ognuna di queste, tutte ugualmente necessarie per proseguire l’avventura umana.

Il presente testo costituisce la seconda parte di un intervento pubblicato integralmente sui Quaderni dell'Associazione Italiana Theilhard de Chardin (Teilhard aujourd’hui), dal titolo "Dalla gravità al senso del bello", qui riprodotto (in forma rielaborata) per gentile concessione dell'Associazione. La prima parte è già leggibile in questo blog. Il resto dell'intervento verrà reso disponibile anche in questa sede, attraverso successivi post.

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Autore: Marco Castellani

Astrofisico, divulgatore, scrittore.

4 pensieri riguardo “Un universo in corsa”

  1. La meraviglia che suscita la bellezza mi rimanda al senso di sgomento che specularmente dovremmo provare di fronte al disfacimento ambientale che abbiamo provocato e continuiamo a provocare. Gli inglesi lo chiamano ecological grief o ecological anxiety: dallo sgomento all’ansia, alla paura, al senso di impotenza. Lì però può sorgere una voglia di rivincita verso noi stessi, di ricostruzione, di rinascita.
    iside

    1. Grazie cara Iside!

      Sì direi che hai proprio ragione. Anzi, proprio attraverso questo percorso, di “imparare ad amare” (l’universo, in questo caso) vediamo di nuovo la bellezza di quanto abbiamo intorno e di conseguenza iniziamo ad occuparcene, in senso amorevole, di “prenderci cura”.

      Mi viene da pensare, forse un po’ polemicamente, a questo: che cura dell’universo – del creato – si potrà mai pretendere da persone foraggiate principalmente dagli assunti della cultura nichilistica moderna, secondo la quale “siamo un puntino sperduto in un cosmo indifferente etc etc…” (pensiero non dimostrabile ontologicamente ma di cui gli effetti deleteri si dimostrano eccome) ?

      Occorre avere il coraggio di porsi davanti a questa domanda: come posso prendermi cura di qualcosa se non ho una relazione affettiva, amorevole, con esso? Se non sono coinvolto con questo in una storia “buona” che ci comprende entrambi e ci rende preziosi l’uno per l’altro? Quale “senso del dovere” può ultimamente muovermi se il cuore è atrofizzato?

      E’ molto ipocrita la perorazione ad aver cura dell’ambiente quando ci viene parallelamente e pervasivamente suggerito che ultimamente non c’è niente e nessuno che si prende veramente cura di noi, che ha completamente a cuore il nostro destino.

      Allora, rivoltare la menzogna nichilista come un guanto e ritrovare il punto di valore che già i popoli più antichi “sapevano”, è ritrovare un cosmo amico e ristabilire le condizioni per intraprendere quel “percorso di cura” (cura a sé e cura al mondo) che ha bisogno proprio di questa idea della scienza fresca, amichevole e morbida. Questo “moto di rivoluzione” è totalmente nel DNA di associazioni come Darsi Pace, e direi è un compito dell’uomo moderno ed in particolare dello scienziato.

      Per questo, mi dico, vale proprio la pena lavorare, vale la pena spendere la vita.

  2. Il cosmo sta lì, e si manifesta a chi ha la capacità e il de-siderio di vederlo e guardarlo, sennò è come se non esistesse.
    Credo che sia un po’ come per il divino.
    Il grande Immanuel:”il cielo stellato sopra di me, la coscienza morale dentro di me”, esprimeva con poetica filosofia il meglio che gli era consentito in base alla visione “stazionaria” del cosmo che la scienza del tempo gli offriva.
    Il cielo era inteso come “firmamento”, e la coscienza, ai suoi livelli alti, era intesa come obbedienza a buone leggi : due realtà statiche.
    In questo contesto Kant forse vede un “Cielo” col quale l’essere umano con la sua ragione può provare a dare un senso alle cose.
    Quel mondo di razionalismo illuministico crolla nella delusione del soggettivismo e del relativismo che poi precipita nel nihilismo.
    Ma ecco irrompere sulla scena il poeta teologoTeilhard de Chardin, col suo “Inno alla materia”, ed ecco la fisica quantistica ed Albert Einstein ( per niente ateo come lo vorrebbero i nihilisti, perchè scrive una delle preghiere più poetiche che io conosca: “La luce è l’ombra di Dio”).
    La ragione e la ricerca scientifica emergono con tutta la loro grandezza e sorreggono e confermano me e quelli come me che credono nella dimensione spirituale dell'”Uni-verso”.
    Il Cosmo “creato” lo stiamo vedendo come palpitante, vivo, dinamico, capace di generare storia e tempo, in espansione ed evoluzione.
    Allora chi vuole può uscire dalla cappa di un cielo nero e plumbeo del nulla disperante, e può cercarne un significato, una direzione.
    Abbiamo delle luci che offrono percorsi e quindi speranza a chi desidera averne, ai credenti e ai non credenti.
    Il Padre che è Amore ci lascia liberi di abbrutirci e svanire nel nulla della disperazione o di avere il coraggio di un atto di fede.
    La fede si mostra come via di conoscenza, reale via di conoscenza, e ci fa sperimentare grandi verità: ma richiede il difficile gesto dell’umiltà.
    Chi fa queste scelte pone le condizioni per essere capaci, come dicevate voi Iside e Marco, di amare il cosmo ed il nostro bel pianeta e di curarlo.
    Sono grato alla ricerca scientifica, e nel concreto a Castellani che è il tramite attraverso cui conosco cose meravigliose.
    E soprattutto lo sguardo nuovo di Marco che mi consente di mettere in relazione l’universo che si disvela con il disvelamento delle profondità del mio cuore, rinsaldando “liberazione interiore e trasformazione del mondo”.
    Davanti abbiamo un’appassionante avventura di infinite teorie di segreti che l’umanità, nel mistero ma non nell’assurdo, scoprirà “nei secoli dei secoli” per assumere sempre più il profilo di Colui che ci è modello di piena realizzazione.
    Il mio spirito esulta ed io rendo lode,
    GianCarlo

    1. Caro Giancarlo,

      mille volte grazie, davvero mille volte. Perché il tuo testo mi conferma “allegramente” in quel compito che cerco, che cerchiamo, di svolgere per come possiamo, anche nelle “pagine” di questo sito. Che è appunto quello di proporre uno sguardo nuovo e fresco all’avventura scientifica, uno sguardo “altro” rispetto alla prospettiva ormai più usate ed usurata del materialismo spicciolo, del nichilismo scaltrito ma disperante proprio dell’impero del commercio, con il quale inquiniamo troppo spesso le nostre menti. Menti che invece sono capaci di estasi e meraviglia davanti all’Infinito.

      Leggevo proprio pochi istanti fa, un testo divulgativo sul Big Bang, e di nuovo mi stupivo – nonostante la scienza sia il mio “terreno” da anni ed anni – di quanta meravigliosa sia l’avventura della scoperta del cosmo e di come funziona, di quante cose nuove siano emerse negli anni più recenti. Davvero siamo in un periodo particolarissimo, dobbiamo farne oggetto di riflessione costante, per gioirne e non subirlo.

      Grazie anche, perché metti in chiarissima evidenza come in ultima analisi anche recepire questo nuovo sentire sia una “opzione”, non sia un obbligo ma una possibilità, una attitudine. Alla fine è a noi la scelta, a noi scegliere che tipo di universo vedere: se credere alla menzogna velenosa “siamo un puntino sperduto in un universo indifferente…” oppure ri-creare spazio e tempo per ritornare alla meraviglia di tutto ciò che abbiamo intorno, dalla formica che passeggia lungo il balcone dove stiamo seduti a leggere (magari del Big Bang appunto), fino alle galassie e ai quasar più lontani.

      Grazie anche per quanto mi dici dello “sguardo nuovo” anche se in realtà – e non lo dico per falsa modestia – il mio è appena un cordiale tentativo di sintonizzarsi con chi già ha questo sguardo e lo comunica, in modo da rilanciarlo e poterlo veicolare a più persone possibili.

      Perché quando qualcuno può dire “il mio spirito esulta e io rendo lode” il nostro umile lavoro riceve la sua più grande gratificazione, ed insieme conferma la sua vera ragion d’essere, in questo cosmo sconfinato e bello.

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