La prossima volta di Giorgio

Lo so che ora è di moda dire è stato il mio professore eppure lo dico, è stato davvero un mio professore, all’università. Sono contento – come molti – di aver assistito alla sue lezioni a Tor Vergata. Ebbi l’onore di averlo docente, prima ancora che in Istituzioni di Fisica Teorica, perfino in Tecnica della Programmazione, un corso che tenne per un intero anno accademico nell’attesa, se la memoria non mi tradisce, che si predisponesse la cattedra a lui certamente più adeguata.

A quei tempi (epoca profondamente anteriore ad Internet) la parte pratica di programmazione si svolgeva su un mainframe Perkin Elmer – mi pare piattaforma Unix, schermi rigorosamente a fosfori verdi – alla quale si alternava la parte teorica insegnata appunto da Giorgio con generosa passione e con una sua specifica “totalità”, che molti conoscono. Ricordo bene come si buttasse anima e corpo dentro i risvolti matematici di tale materia, ben distante da altri docenti che – qualora costretti dalle circostanze – non mancavano di manifestare disagio per il corso che stavano tenendo e per la distanza da quello che avrebbero invece desiderato.

Giorgio Parisi l’ho conosciuto così. Prima ancora di realizzare quanto fosse geniale, mi ha colpito come incarnasse con massima precisione e limpidezza, lo stereotipo dello scienziato distratto. Perché i luoghi comuni, se si disturbano di esistere, alla fine un po’ devono anche essere veri. In alcune circostanze, devono esserlo.

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