Quale percorso tra fede e ragione?

Rispondiamo volentieri a una praticante di Darsi Pace che ci scrive a proposito dei disagi che causano in lei certi contenuti su Internet, apparentemente credibili ma in realtà deboli nella sostanza.

Carissima Rosalba,

a proposito del video di Corrado Malanga che ci hai segnalato e delle perplessità che ben si evidenziano in modo così fervido dalle tue forti espressioni come “abisso terrorizzante” e “schizofrenia tra fede e razionale”, riteniamo sia importante fare qualche considerazione di carattere generale.

Ti ringraziamo per la tua domanda perché ci dà un importante spunto a riflettere su questi nostri tempi, cosa che il nostro movimento non manca mai di fare.

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Dubbi e pseudo-dubbi: educare il giudizio critico

I dubbi sono indispensabili al pensiero critico; ma ultimamente una certa categoria di pseudo-dubbi eretti a una specie di moda-mito impazza nel pubblico sentire, inquina e non fortifica le menti. Come funzionano e come riconoscerli.

Guardandomi intorno, fra le notizie, nei social, nei molti discorsi, più o meno argomentati, che seguiamo o promuoviamo, vedo spesso un fenomeno che anni fa sarebbe apparso bizzarro, mentre oggi va per la maggiore passando tranquillamente senza filtro alcuno. Mi riferisco all’argomento del “dubbio” come forma di interrogazione e critica verso gli argomenti più disparati, il più delle volte finalizzato a contestare il così detto “pensiero main stream”. Sono tanti e infiniti: il dubbio verso i vaccini, i dubbi verso il gasdotto TAP, i dubbi verso il riscaldamento globale (negazionisti climatici) o magari i dubbi verso la teoria dell’evoluzione biologica (creazionismo)…. Il dubbio viene spesso presentato come bandiera vincente, come un valore in sé. Ci hanno infatti insegnato fin dalla scuola media che la cultura del dubbio è il germe vitale della filosofia: Socrate in fondo era uno che dubitava quando diceva di sapere di non sapere? Cartesio, poi, ha elevato il dubbio al rango di metodo generalizzato. Nel metodo scientifico, poi, il dubbio – il non fidarsi di primo acchito delle apparenze – è cruciale: è proprio nella messa in dubbio delle conoscenze acquisite che si attua il progresso e si giunge a nuove conoscenze. Senza nutrire dubbi sulla teoria geocentrica non sarebbe stato possibile elaborare quella eliocentrica; senza dubbi sulla completezza della fisica newtoniana non sarebbe stato possibile elaborare la teoria della relatività… Allora ecco che il dubbio, sacralizzato quasi da un’aura mitica, diventa paradigma. E nell’era dei social dove le informazioni piovono a fiotti, dove con Wikipedia si può avere accesso a una marea di informazioni di livello tutto sommato buono ma spesso parziale, dove abbondano i tuttologi, il dubbio diventa appunto mito assoluto: cosa meglio di un bel dubbio per argomentare qualsiasi cosa?

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Divulgazione 2.0: virtù e rischi

Da internauta attento a quello che accade sulla rete, in particolare YouTube, noto negli anni essere esplosi con grande attenzione di pubblico ottimi canali divulgativi fatti da giovani appassionati, spesso anche accademici, sia youtuber professionisti che non; portano avanti divulgazione scientifica di ottimo livello, nulla da invidiare a storiche trasmissioni TV classiche targate “Piero Angela”. Anzi, la rete consente livelli di approfondimento molto elevati: anche se il pubblico è meno numeroso rispetto a quello che poteva esse un bacino televisivo di trasmissioni storiche come quark, il livello di approfondimento è decisamente maggiore e la conseguenza è che i temi trattati arrivano a livelli quasi universitari, pur mantenendo un carattere divulgativo: abbiamo perso in ampiezza di pubblico, ma abbiamo guadagnato in profondità. 

Alcuni esempi: da link4universe di Adrian Fartade (astronomia e astronautica) a Entropy for Life di Giacomo Moro Moretto (biologia ed evoluzione) poi diversi canali di fisica: da Amedeo Balbi (accademico di Tor Vergata) a Marco Coletti con il suo “la fisica che non ti aspetti”; e poi Ruggero Rollini (chimica), e Geopop di Andrea Moccia (geologia) fino ad arrivare ad approcci con modalità di linguaggio fuori dall’ordinario come Barbascura X dove, pur con il giusto rigore, la forma è stravagante e irriverente. Molti di questi progetti sono a taglio semi-professionale o completamente professionale, sono presenti in diversi social (Telegram, Facebook, Twitter) anche con richiesta di supporto da parte dei fan per sostenere il progetto con piattaforme di libera sponsorizzazione, il più diffuso dei quali è il patreon che in qualcuno dei casi consente agli youtuber di mantenersi come un vero e proprio lavoro. Non mancano canali non scientifici che però riprendono sovente temi legati alla scienza e anche alla fede con contenuti per nulla banali, come Roberto Mercadini (benché professo ateo). La lista non può che essere parziale.

Che dire? Un bel fermento! Divulgazione 2.0, verrebbe da dire.

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L’importanza dei «piccoli resti»

Pubblichiamo in copia un nostro editoriale sul sito www.DISF.org, portale di Documentazione Interdisciplinare Scienza e Fede della Pontificia Università della Santa Croce.

La biomassa, cioè la massa vivente, sul pianeta pare costituito in gran parte da vegetali (97% circa) in minima parte da animali (restante 3%); di questo si tratta per la gran parte di insetti; noi, come Homo Sapiens, all’interno dei mammiferi, costituiamo un misero 0,01% della biomassa totale. La materia oscura e l’energia oscura occupano il 96% della massa-energia dell’interno universo. Noi, Homo Sapiens, apparteniamo al “piccolo resto” del restante 4%: è la materia barionica o ordinaria. [1] La materia ordinaria è in gran parte costituita da stelle e nubi di gas interstellare per la quasi totalità costituite da idrogeno ed elio. Questi costituiscono rispettivamente il 74% e il 24% della materia barionica [2]. Gli elementi di numero atomico superiore costituiscono il restante 2% della materia della nostra galassia; è questa che da vita alla chimica complessa e ai composti, organici e non.

Noi, Homo Sapiens, e con noi il nostro pianeta e la vita stessa, apparteniamo al piccolo resto di materia barionica che costituisce la chimica complessa. Gli elementi superiori all’elio, sintetizzati da eventi interstellari violenti (supernove) e che compongono la chimica dei pianeti (carbonio, ossigeno, silicati, metalli, fino al ferro ma anche oltre in misura minore) possono organizzarsi in formazioni planetarie.

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Buco nero M87: Katie batte Doc

La foto del buco nero in M87 ci mostra come la dimensione comunitaria della scienza seppellisce quell’immagine ormai desueta dello scienziato solitario retaggio di secoli passati ma che ancora resiste – come un cadavere – nell’immaginario collettivo che si porta dietro paure e angosce di una umanità in crisi, ma che è proiettata verso una unificazione ormai avviata.

Tutti l’abbiamo vista, la «foto astronomica del secolo», il buco nero centrale in Messier 87. Per la prima volta nella storia.

«Fotografato» si fa per dire: non c’è nessuna pellicola, nessun obiettivo, nessuna stampa, nessuna banda elettromagnetica nella regione ottica, che è il visibile dell’occhio umano. Eppure si palra di «foto». Dovremmo parlare meglio di «immagine» giacché di questo si tratta: una elaborazione di una montagna di dati, tutti presi nello stesso momento, da decine di radiotelescopi (non «telescopi» dunque!) sparsi per il mondo, e molto, molto ben coordinati fra loro. Una impresa titanica.

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Le ZooScienze che sono e che verranno

Uno dei problemi del sapere contemporaneo è l’incredibile proliferare delle discipline del sapere, e della scienze in particolare: un vero zoo. Sviluppo inevitabile: all’aumentare delle conoscenze, per poter progredire.

Aristotele nonostante sia primariamente un filosofo scrive anche di astronomia e zoologia. Pochi fra gli antichi hanno generato nuove conoscenze in senso non trasversale: dai greci ai medioevali il sapere era uno e il sapiente studiava di tutto. Poi con la modernità l’albero si differenzia sempre più profondamente, discipline sempre più fitte nello zoo ramificato del sapere. Giù giù sempre più in profondità, sempre più specializzato…. la conseguenza l’abbiamo sotto gli occhi oggi: le discipline non parlano più gli stessi linguaggi, ognuno il suo gergo, non si capiscono più, non sono interessate l’una all’altra. Alla fine perdiamo il senso del tutto. Siamo esseri limitati: se il sapere aumenta aumenta anche il numero di discipline, è inevitabile; non possiamo essere tuttologi o pretendere che gli specialisti lo diventino, non sono superuomini (Figura 1). Quando capiterà mai a un geologo di leggere un articolo di biologia?

Figura 1, la progressiva specializzazione del sapere…
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