Ricerca scientifica e ricerca di senso: alla ricerca di un dialogo critico

Inauguriamo con il presente contributo i nostri “audiopost”, una sorta di podcast di AltraScienza (per ora ad intervalli irregolari), che presenteremo sempre nella duplice veste di video e testo scritto, per agevolare diverse modalità di fruizione.

Da queste pagine spesso scriviamo con il pensiero rivolto alla scienza, o meglio, agli scienziati, tentando riflessioni che consentano di estendere lo sguardo, oltre la barriera della razionalità logica e calcolante.

Se però si vuole essere presi sul serio, bisogna essere innanzitutto disposti a prendere sul serio il proprio interlocutore, che poi vuol dire ascoltare la sua prospettiva e farsi coinvolgere nelle sue buone ragioni.

Provo a partire nuovamente dalla definizione di conoscenza di Duilio Albarello (già incontrata nel post “Credere e pensare” e nel video “Credere per conoscere”). Secondo questo teologo, “… la conoscenza del reale si rende possibile soltanto tramite il rapporto complesso, che si viene a stabilire tra la spiegazione del funzionamento esatto della realtà e la comprensione del suo giusto senso.”  (“La Grazia suppone la Cultura”, Duilio Albarello, Queriniana 2018, pag 137). La spiegazione del funzionamento della realtà secondo quanto il metodo scientifico permette di raggiungere è passaggio imprescindibile. Il rischio però è che in questi casi i teologi, se continuano a sentirsi depositari esclusivi della competenza sulla comprensione del senso, si ritengano interpellati dalle scoperte scientifiche, ma solo marginalmente, o soltanto là dove le questioni siano meno scottanti. Viceversa, uno scienziato che non si senta il suo lavoro implicato nel senso della realtà è votato ad un meccanicismo pericoloso.

Un esempio paradigmatico di questa dinamica è ciò che succede con la teoria dell’evoluzione e il conseguente racconto evolutivo inteso come modalità interpretativa della realtà a partire da quella teoria. A questo proposito, è molto intrigante lo studio effettuato da Francesco Massobrio in “Il cristianesimo alla prova del racconto evolutivo – un confronto critico necessario” (Mimesis 2018).

La metafisica cristiana ha preteso di descrivere la dimensione spirituale dell’uomo dall’alto e dall’esterno (per rubare un’espressione a Massobrio) e analogamente la creazione tutta è posta come atto originario di Dio da cui la storia avrebbe preso avvio. La creazione è perciò un progetto che Dio “ha in mente” e a cui conferisce un ordine interno predefinito di perfezione; il peso del male viene notevolmente alleggerito e ogni contraddizione viene fagocitata dalla misteriosa onniscienza dell’onnipotente.

Un giorno però arrivò Darwin e lo seguirono molti altri scienziati che abbracciarono la sua linea di ricerca; si è delineata così una teoria dell’evoluzione, oggi universalmente accettata in ambito scientifico. Anche se ne esistono più varianti facenti capo a diversi autori, l’idea di base non è messa in discussione.

In effetti, la spiegazione del funzionamento della realtà in termini evoluzionistici è oggi un punto fermo difficilmente attaccabile. Se però l’operazione teologica diventa semplicemente quella di aggiustare il tiro per adattare la propria (inamovibile) ermeneutica alle nuove scoperte, si approda ad una giustapposizione invece che ad un “confronto critico” (sempre per dirla con Massobrio).

La soluzione concordista del creazionismo funziona così. A fronte del fatto che la ricerca scientifica ha dilatato enormemente la temporalità degli eventi storici, se la scienza dice che l’universo ha 13,8 miliardi di anni, allora si anticipa la creazione portandola appunto sul Big Bang. Se poi l’indagine scientifica consentirà di scoprire altri eventi e di retrodatare ulteriormente, non ci sarà alcun problema: basterà anticipare ancora la “data” della creazione.

La metafisica cristiana, dal canto suo, fa quadrare i conti leggendo l’inizio e l’origine come appartenenti a sfere diverse. L’inizio si riferirebbe al momento temporale, che giace nell’empirico e perciò studiato dalla scienza. L’origine invece perterrebbe al metafisico, al metaempirico, causa prima che ha creato e crea l’universo. In tal modo, si stabiliscono due livelli di realtà, a ciascuno dei quali si fa corrispondere un sapere che se ne occupa, rispettivamente scienza e filosofia della natura. Pertanto, un cambio di datazione dell’inizio sarebbe irrilevante per la riflessione sull’origine, in quanto lo studio empirico-scientifico è considerato estraneo alla ricerca del senso. Quest’ultima rimarrebbe di esclusiva competenza della filosofia della natura che identifica la necessità della causa divina, la quale viene nominata, in ultima battuta, dalla teologia.

In questo modo, l’impianto teologico non viene scalfito dalle scoperte scientifiche, non ci si pone affatto il problema delle implicazioni sul proprio schema di ragionamento, ci si adatta appunto, come si fa a tavola quando arriva un ospite inatteso e ci si stringe un po’ per fargli posto. La tavolata si riadatta, ma il menù è invariato. Temo a questo riguardo che l’invarianza dipenda da una precisa non volontà di mettersi realmente in gioco, prendendo sul serio la spiegazione del funzionamento della realtà così come possiamo capire mediante l’indagine scientifica.

Certamente, sarà molto difficile dialogare proficuamente se si parte da questi presupposti, men che meno accogliere istanze anche se ragionevoli.

D’altro canto, per il versante scientifico, degenerato nel riduzionismo, vale la necessità di uno stesso atteggiamento di confronto che si lasci interpellare dall’evidenza dell’esperienza soggettiva dell’uomo. Agli scienziati è chiesto di uscire dal bastione dell’oggettivo e riconoscere il ruolo del soggetto, della coscienza umana, l’unica tra i viventi a porsi la domanda sul senso della realtà e della propria vita, l’unico punto di vista da cui parte lo studio oggettivo del mondo in cui essa stessa è fin da subito implicata. Qui però troviamo scienziati a nervo scoperto, con buoni motivi storici. Lo svincolo da un cristianesimo storico mortificante è stato, per le persone di scienza, una grande conquista che ovviamente non vogliono perdere. Peccato però buttare via il bambino con l’acqua sporca: mi appiattisco sulla riduzione dell’umano al solo dato naturale pur di non avere a che fare con un pensiero teologico che si vorrebbe imporre dall’alto; ma così si rimane intrappolati in una vecchia idea di teologia (purtroppo certo non scomparsa dalla scena), senza neanche preoccuparsi di andare alla ricerca di interlocutori all’altezza.

La ricostruzione della fiducia reciproca è un lungo processo, che richiede innanzitutto la curiosità verso l’altro e la disposizione ad imparare da chi parte da una diversa prospettiva. Nella metafora di prima, mi verrebbe da dire che con l’ospite inatteso ci accomodiamo ad un tavolo più grande e siamo lieti di modificare il menù in modo da considerare seriamente le sue esigenze alimentari, invece che propinargli la nostra minestrina.

Al riguardo, Massobrio, in quanto teologo, offre un esempio di emancipazione dalla teologia naturale e dalla metafisica cristiana, e si addentra in un approccio critico dove la teologia sceglie di confrontarsi con il naturalismo filosofico, in particolare secondo la lettura che ne fa Telmo Pievani.

Ma questo sarà argomento di un prossimo audiopost.

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Autore: Iside Fontana

Laureata in Scienze Biologiche, cristiana, appassionata dell’interrogazione teologica e di tutto ciò che si cimenti nel tentare una sintesi del pensiero per una conoscenza profonda del mistero della vita. Single.

Un commento su “Ricerca scientifica e ricerca di senso: alla ricerca di un dialogo critico”

  1. Tutti in questo mondo sperimentiamo e capiamo, a vari livelli, di essere essenzialmente un punto interrogativo: chi siamo, dove siamo e da dove originiamo-iniziamo in questo nostro “esserci” (Heideggere)!

    L’uomo cerca esistenzialmente di “situarsi”, conoscersi, orientarsi; ha un bisogno impellente di Verità su ogni cosa, su tutto lo scibile e quello che non sa o non capisce, perché ne coglie il significato anche in altri modi e li esprime con linguaggi sottili e profondi, come: l’arte, la musica, la poesia ecc…

    Malgrado i passi giganteschi che la scienza fa, se si ferma ad una valutazione della realtà empirico-riduzionista, vede che gli sfugge l’essenza stessa per dare senso a tutto quello che studia cerca sperimenta e classifica; perfino la sua ricerca è vana o serve a ben poco la verità oggettivata senza il lavoro di senso.

    Può scoprire così che questa esigenza, stimolata a mio parere, primordialmente dal bisogno di sussistere della nostra natura umana, distinta da tutti gli esseri viventi, è proprio l’innata curiosità -necessità – di scoprire, conoscere, sapere. E’ questo che ha aperto nuovi orizzonti di bisogni, maggiori della semplice sopravvivenza, il dono, della ricerca della Verità-Realtà tutta intera, ciò che ci “origina-crea-inizia”! Non so poi per quale ragione a volte l’uomo, abbia sfruttato tutto ciò per il sopruso e il potere, facendo del male, ma forse lo posso supporre! L’Idolatria di se stesso!

    Abbiamo noi, dunque, la coscienza critica, la consapevolezza e la senzienza, con esse la possibilità di conoscere i fondamenti della realtà, in quanto ci attraversa, ci sostiene; non è solo verità empirico-intellettuale ma incarnazione, ci possiede perché essa è Viva e da vita!

    La nostra stessa vita a mio modo di vedere, sembra dipendere da questa ricerca-risposta, che con ogni mezzo a sua disposizione, non per farla da padroni ma servitori, non trova pace senza che riposi-armonizzi in essa, in una conoscenza intima “simbiotica”! La coscienza viva alla ricerca della Verità Viva quindi, ne presuppone altrettanto, una Coscienza Viva e una Senzienza a tutto ciò che in essa si avvicenda e vive, si trasforma e continua, è sperimentabile, riverberata nella nostra coscienza-consapevolezza, tutto amalgama e armonizza in se verso dove, che cosa; chi!? L’unità Cosmica? Il Campo Quantico? L’OM vibrazione primordiale? Il Verbo? Dio? Non lo so! Ogni definizione o meglio, NOMINALITA’ anche se necessaria in questa dimensione, sarebbe per parte mia, un altro riduzionismo che si aggrappa alle “Certezze Letterarie” e non si lascia portare dallo spirito vivente che senza alcuna esenzione del rischio soffia soave!

    E’ tutto questo insieme che mi fa dire: mi fido della Vita, sono strumento di essa e sto cercando di imparare a fidarmi, anche oggi che sono in quarantena per il CoronaVirus e, nel rispetto profondo di ogni persona e animo umano alle prese con questa insidiosa realtà, voglio gridare le sue meraviglie, con la scienza sperimentale, biologica, la scienza medica, quella della fisica-riduzionista, quella psicologica, psichiatrica, quella filosofica, la teologia, l’arte, la musica e la poesia.
    Io ho sperimentato la Grazia che sottendendo e illuminando ogni luogo dello scibile e dell’anima umana, incoraggia, infonde speranza e da senso al nostro esistere!
    Ciro Formisano

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