Perché diffidiamo della scienza?

Le recenti polemiche sulla necessità della vaccinazione obbligatoria, che hanno trovato appoggio e risonanza, per certi versi, anche in uomini politici influenti (allargando se possibile la forchetta tra la scienza ufficiale e il sentire comune), lo hanno mostrato molto bene: siamo in una epoca in cui le bolle di diffidenza verso le acquisizione del pensiero scientifico, e più ancora, verso il suo stesso metodo, si sono fatte più forti, più spavalde. Hanno, in un certo modo, ripreso vigore, sentendosi anche, come dire, autorevolmente confortate.

Se per certi versi questo necessita, in taluni casi pratici, di alcune azioni urgenti (garantire la copertura vaccinale appare comunque indispensabile, anche a detta della maggior parte dei perplessi), è anche necessario, in sedi come questa, rimettersi davanti al problema senza infingimenti, per comprendere come si sia arrivati a questo punto, e come lavorare per migliorare la situazione, per mitigare questa frattura, questa scissione, che non porta, come vediamo, alcun conforto, non reca percepibili vantaggi.

Insomma, oltre l’urgenza, è necessaria la riflessione, l’elaborazione.

Credo dunque che abbiamo davanti diverse ragioni di questa diffidenza, e molte sono perfettamente motivate (del resto, nulla avviene senza una causa). Andrebbero esaminate una per una, con pazienza, ed anzi questo potrebbe essere un bel compito che ci possiamo porre davanti, come gruppo AltraScienza.

Appare altresì chiaro che non si tratta di qualcosa esauribile in un semplice post, per cui in questa sede possiamo più utilmente approcciare il problema appuntando appena un primo piccolo passo, ovvero articolando solo un fattore, tra molteplici che abbiamo davanti. Questo fattore, nello specifico, è declinato in due punti, che potremmo  definire come simmetrici rispetto al problema. Questo fattore può essere sinteticamente espresso in una domanda, che ricalca quella antica e famosa di don Luigi Giussani rispetto al rapporto tra uomo e Chiesaè l’uomo che ha abbandonato la scienza o è la scienza che ha abbandonato l’uomo?

  1. La scienza si è sempre più “scollata” dal sentire comune, si è arroccata in un suo spazio e ha tagliato i ponti con i “non iniziati”, perché a volte questo le faceva comodo. In particolare la scienza medica si è giovata in diversi casi della sua stessa pretesa inaccessibilità, per garantire margine di manovra molto ampio al “sacerdote” (medico) spesso a scapito del “fedele” (paziente) che veniva spiacevolmente esautorato da ogni possibilità di verifica o intervento ragionato, sul “rito” (procedura medica) cui lui stesso era perentoriamente indirizzato. La scienza va dunque desacralizzata (non è una religione), e ciò che non è dogma andrà pazientemente spiegato, divulgato, ricercando nello specifico – e nei limiti del possibile – di ricomprendere come “parte in causa” attiva (qui penso ancora specificamente all’ambito medico, ma si potrebbe declinare negli altri casi) il paziente, in modo che il suo affidarsi sia quanto più possibile ragionato e ragionevole. Vuol dire non dimenticare mai di avere davanti un uomo, non una patologia. Trascurare di farlo vuol dire lasciare ampio terreno a tutto ciò che di non scientifico sussiste, a livello terapeutico, perché di norma è proprio il terreno dove, comunque, il paziente avverte di essere valutato come persona, e non come un insieme di organi
  2. L’uomo va riavvicinato alla scienza, perché è parte dell’umana avventura, tale e quale. La tragica diffidenza di tanti uomini “di cultura” degli anni passati e presenti – nefasto residuo di certo pensiero di Croce e Gentile, per cui – tanto per essere chiari – Manzoni va certamente saputo ma il Terzo Principio della Termodinamica va relegato ai “tecnici”, perché non sarebbe “cultura” alta, è una grave stortura difensiva, su cui lavorare. Una stortura che produce questa reazione alle pur preziose conquiste della medicina in ambito vaccinale, con gravi o anche gravissime conseguenze.

Detto questo, scorgo anche segnali che incoraggiano un ragionato ottimismo. Provengo dal Meeting di Rimini, dove per questa edizione hanno attrezzato uno stand sugli esopianeti, con una serie di interessanti conferenze di scienziati di fama, ed incontri con il pubblico. Ebbene, vi garantisco (avendolo visto con i miei occhi) che le conferenze riempivano di un pubblico attentissimo anche i saloni più grandi, e le domande negli incontri, praticamente quotidiani, risultavano spesso intelligenti e accurate,  tali insomma da far capire come la materia fosse stata assorbita e “ruminata”.

Questo anche perché, a mio avviso, c’è stata attenzione grande a non “scollare” la scienza dall’umanità di chi la fa e la apprende, come caratteristica del meeting, di considerare sempre tutto l’umano. Merito non piccolo della cura di Euresis e di Camplus, e della conduzione amichevole e accorta di Marco Bersanelli, professore ordinario di Astronomia e sensibile divulgatore (oltre che scienziato in prima linea per missioni “di punta”, come la sonda Plank) .

In ogni caso, stando lì, passeggiando per quei padiglioni (vieni e vedi, appunto: niente più e niente meno di questo, una dinamica millenaria…), l’intera faccenda risultava straordinariamente chiara: il desiderio di riconciliarsi con la scienza, da parte del pubblico, è tanto, è forte, è motivato. La curiosità di trovare un filo esplicativo, di connettere in parole questo Universo in pazza ed accelerata evoluzione, ritrovarne un percorso amico, è radicata e forte in ogni cuore, come è da sempre. 

Stiamo dunque molto  attenti a chi soffia sul fuoco dell’ignoranza, del populismo, della pseudoscienza. Ma usiamo un’attenzione creativa, non appena oppositiva. Più che polemizzare, rendiamo la scienza amica della gente, così questi “distorsori” si vedranno mancare la terra (ed il consenso) sotto i piedi. Tali signori, infatti, prosperano su questo rapporto incrinato tra persone e scienza, e se procediamo a guarire questo, avranno certamente meno appeal sui “non addetti al lavori”. Per questo, però, la scienza “ufficiale” deve fare un mea culpa sincero e senza sconti, deve rimettersi urgentemente in comunicazione con l’umano, deve ritrovare sé stessa oltre il tecnicismo esasperato in cui – in fondo, per paura – si è spesso trincerata.

L’uomo nuovo che stiamo ricercando, ritrova in una scienza amica una ragione di più per incuriosirsi di tutto, per trovare la realtà, di nuovo e ed ancora, accattivante come un’avventura sempre da compiere. Per questo, non ha bisogno di evadere in ricodifiche alternative (e non falsificabili!) del reale, come UFO, complotti e congiure, multinazionali ombra, metodi dolci e risolutivi per curare malattie purtroppo gravissime, che implicano invece un percorso di sofferenza anche forte, di accoglienza del dolore. Tutte queste cose sono infatti appena un sintomo ed una richiesta, insieme: un sintomo di disagio e una richiesta di nuova amicizia, tra uomo e pensiero scientifico.

Una nuova amicizia che a dispetto di tutto è possibile, ora.

Più che argomentazioni dialettiche, sono avvenimenti che ce lo dimostrano. Come quello del Meeting, appunto. 

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Autore: Marco Castellani

Astrofisico, divulgatore, scrittore.

5 pensieri riguardo “Perché diffidiamo della scienza?”

  1. La questione dei vaccini è faccenda delicata, ma mi pare paradigmatica. Qui si vedono le fatiche comunicative e l’ostinazione a non voler considerare, ed apprezzare, l’essere umano così com’è.
    Mi è capitato di ascoltare alcune trasmissioni che il programma di divulgazione scientifica di Radio3 (Radio3Scienza) ha dedicato all’argomento vaccini e la cosa che mi ha colpita di più è proprio l’atteggiamento degli esperti. Gli scienziati dovrebbero mostrare la bontà delle loro tesi usando tecniche di comunicazione che tengano conto di come funziona la mente umana. Se però si prende in carico solo la parte razionale dell’essere umano, implicitamente (e talvolta anche esplicitamente) dicendo che è l’unica parte che vale, già partiamo male, e molto probabilmente perdenti. La ragione non sussiste in quanto tale, è parte di un organismo che ha altre capacità e modalità di reazione altrettanto nobili. Certo, occorre imparare ad esercitare le nostre capacità con prevalenze diverse a seconda dei contesti. Tuttavia, se mi si dice che sono stupido se non faccio vaccinare i miei figli, se si ironizza sulla mia intelligenza, se mi si danno informazioni cadute dall’alto, non è molto probabile che io mi senta illuminato da questi atteggiamenti e così riveda la mia prospettiva. Il dubbio e il sospetto sono potentissimi, probabilmente anche per ragioni di vantaggio evolutivo che potrebbero aver dato ai nostri antenati. Per noi, oggi, esercitare un pensiero critico è sicuramente un gran vantaggio. Tuttavia, occorre poi arrivare al discernimento, per scegliere ciò che ha le caratteristiche di essere la cosa migliore.
    Prendere sul serio le paure e le diffidenze sarebbe il primo passo. Si potrebbero riportare non soltanto i dati relativi alle vaccinazioni con rischi e benefici, ma anche comparando questi dati con quelli relativi ad altri farmaci che siamo più abituati ad usare, o con pratiche che siamo abituati ad attuare. Ricordo il mio professore di chimica inorganica quando ci diceva: se un motociclista si rendesse conto che sta andando ad alta velocità abbracciato ad una bomba (il serbatoio pieno di liquido infiammabile) forse cambierebbe il suo comportamento. Lo scopo è aiutare le persone a guardare le cose in un’altra ottica. Lo si può fare evitando un’eccessiva severità dei toni, sorprendendo l’interlocutore con elementi divertenti, che incuriosiscano ed attraggano.
    In definitiva, abbiamo bisogno di essere ascoltati, essere accolti così come siamo, nella nostra interezza di umanità emotiva che non è un difetto, ma l’unico modo che conosciamo di essere umani. Gli scienziati hanno bisogno di imparare a coniugare la razionalità logica con il sentire, senza vedere questo passaggio come una compromissione del loro lavoro, ma come componente imprescindibile. Negare non serve, tanto il negato ritorna, forse anche peggiore di prima!
    iside

  2. Caro Marco, commento volentieri questo tuo post, è un tema che sento parecchio avendolo dibattuto spesso con amici che hanno una preparazione culturale scientifica, di solito io mi trovo sulla sponda opposta, non perché sia convinta della tesi opposta ma per amore di dialettica, dunque sosterrò questa posizione anche qui.
    La Scienza, lo scrivo in maiuscolo perché per molti di loro è =Dio, ci ha un po’ prevaricati, in via diretta, come immagine della verità assoluta, accessibile solo a pochi eletti, in via indiretta proprio attraverso questi eletti che amministrano il suo culto.
    Positivismo e neo positivismo l’hanno fatta da padroni a lungo; e ancora qualcuno pensa che lo siano, si è ritenuto che la Verità, risiedesse nella scienza, trascurando il fatto che la sua ricerca è il centro di ogni ramo del sapere, la filosofia cerca la verità, la psicologia, la teologia, anche l’arte cerca una verità del percepire, perché dare tanta preminenza alla ricerca di verità nella materia? Un’immagine che è stata a lungo così prevaricante che la realtà contemporanea sta cercando di liberarsene.
    È quasi come se le altre forme del sapere si volessero prendere la rivincita, aiutate in questo dalla scienza stessa (che per fortuna è capace di relativizzare sé stessa), con alcune più o meno recenti scoperte scientifiche, fra tutte il Principio di Indeterminazione di Heisenberg che rimette tutto in discussione.
    Ma se entriamo nel merito del singolo argomento, per esempio nel discorso dei vaccini, il mondo scientifico non è universalmente compatto, non a caso si parla di burionismo (da Roberto Burioni) quando si vuole dire che qualcuno è integralista, come si fa a sostenere che dieci vaccini sono indispensabili per una vita sana? Non c’è stata sperimentazione su questo, non su questi numeri e su queste precoci somministrazioni.
    In questi casi non credo che si dubiti della scienza, ma di chi se ne fa portavoce e talvolta favorisce interessi economici che sottendono allo sdegno pretestuosamente scientifico.
    Ci sarebbe molto altro da dire sull’argomento ma mi fermo qui e ti mando in conclusione un rametto d’ulivo e l’immutata stima.

    1. Grazie amiche care;

      mi preme soltanto dire, e forse non l’ho fatto abbastanza chiaramente nel post, che il focus dell’argomentazione non sono affatto i vaccini, ma è una cosa un po’ più articolata, nel cui contesto i vaccini sono presi appena come “sintomo” di questo scollamento drammatico tra scienza e pensiero comune.

      Forse menzionarli così era incongruo, anzi evitabile, perché fatalmente calamita i commenti verso quella direzione, che come dice Iside è appunto materia delicata. Inoltre, non è compito di questo laboratorio definire efficacia e limiti delle campagne vaccinali, come non è suo compito – per opposti versi – dire una parola definitiva sull’omeopatia e nemmeno sull’astrologia. Dunque mi astengo dall’intervenire sul tema, ma ringrazio ugualmente Iside e Grazia per i loro utili commenti.

      La scienza sta faticosamente uscendo dal suo positivismo, e deve incontrare persone disposte a ridonare affettuoso credito alle sue conquiste e alle sue acquisizioni, come argomento nel post. Esautorare la meraviglia della scienza dall’ambito delle zone di interesse (per una malintesa idea di scienza purtroppo a volte propagata dagli stessi scienziati) vuol dire solo effettuare una “rimozione” per la quale poi si cade in mille compensazioni.

      Ci vuole un incontro a metà strada, un incontro che superi le accuse di ignoranza (da un lato) e di tracotanza (dall’altro). Due migrazioni opposte devono convergere, devono interagire, devono (con)fondersi.

      L’esperienza (meeting, e tanto altro) ci dice che sì, è possibile.
      Ed è il tempo giusto.

  3. Le giornate di divulgazione in genere hanno grande successo e coinvolgono con piacere e dedizione i divulgatori.
    Il problema è più legato da una parte alla mancanza di fiducia nei ricercatori, specie in medicina (tutti parte del ‘complotto’) ma non solo, dall’altra ad un disprezzo insito nella cultura italiana verso le materie tecniche.
    Poi è vero che in ambito medico troppo spesso si è trattato il paziente come un corpo, ma decenni fa.

  4. Caro Marco,
    come misero appassionato di Scienza sento mie le preoccupazioni che citi nell’articolo e che leggo nei commenti.
    Spesso mi capita di intervenire su visioni altrettanto distorte della realtà – l’antivaccinismo è soltanto uno di questi – e queste se sviscerate mostrano quanto sia stato dannoso lo scientismo che di fatto ha spinto per la separazione dogmatica della Scienza dal resto delle persone non preparate.
    Ne farò un articolo sul mio blog, anche se in passato non ho mancato di denunciare un certo pernicioso modo di comunicazione scientifica.
    Ciao

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