Big Bang e Creazione

Da un quaderno di recente pubblicazione a cura dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin, un estratto su un tema affascinante e di grande importanza per lo studio del rapporto tra scienza e fede.

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La storia racconta che, poco tempo dopo il discorso tenuto da Papa Pacelli ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, il 22 novembre 1951, il sacerdote-cosmologo Georges Lemaître chiese di avere un colloquio col Pontefice, in previsione del discorso che il Papa avrebbe tenuto in occasione dell’Assemblea dell’International Astronomical Union agli inizi di settembre del 1952.

Non si hanno testimonianze scritte sul contenuto del colloquio, reso possibile grazie all’intervento di Padre O’Connell, della Specola Vaticana e di Mons. Dell’Acqua, che lavorava presso la segreteria di Stato. Si può però ipotizzare che il sacerdote abbia offerto al Santo Padre consigli sul contenuto del discorso che egli avrebbe dovuto tenere e in relazione a quanto affermato dal Papa stesso nel precedente incontro con i membri della Pontificia Accademia delle Scienze[1].

In quella occasione, Pio XII si era soffermato sui recenti risultati in campo scientifico, in particolare nell’ambito della cosmologia, chiedendosi se la moderna conoscenza del Cosmo potesse perfezionare il contenuto delle vie tomiste, in particolare la terza (via della contingenza) e la quinta (via della finalità). Il Papa aveva affermato che: «una mente illuminata ed arricchita dalle moderne conoscenze scientifiche […] intravede e riconosce l’opera dell’onnipotenza creatrice, la cui virtù, agitata dal potente “fiat” pronunziato miliardi di anni fa dallo Spirito creatore, si dispiegò nell’Universo, chiamando all’esistenza con un gesto d’amore generoso la materia esuberante di energia. Pare davvero che la scienza odierna, risalendo ad un tratto milioni di secoli, sia riuscita a farsi testimone di quel primordiale “Fiat lux”, allorché dal nulla proruppe con la materia un mare di luci e di radiazioni, mentre le particelle degli elementi chimici si scissero e si riunirono in milioni di galassie»[2].

È evidente qui il riferimento alla teoria del Big Bang che lo stesso Lemaître aveva elaborato già da diversi anni[3]. Basandosi sul moto di recessione delle galassie, dimostrato dallo spostamento verso il rosso delle righe spettrali della luce da esse emessa, Lemaître aveva ipotizzato che all’inizio l’Universo fosse delle dimensioni di un atomo (detto “atomo originario”) e che la successiva esplosione di questo nucleo infinitamente denso avrebbe dato luogo all’espansione dell’Universo ancora in atto.

Questa visione dell’origine non fu accolta con favore da molti scienziati, che la ritenevano in forte (e sospetta) relazione con l’episodio biblico della Creazione narrata dal Libro della Genesi. Ad esempio, Fred Hoyle (colui che, in senso dispregiativo, coniò il termine “Big Bang” per l’ipotesi di Lemaître) propose una teoria contrapposta, detta dell’”Universo stazionario”, in cui veniva ammessa l’espansione del cosmo, ma con continua produzione di materia ed energia, in modo che la densità rimanesse costante. Albert Einstein, a sua volta, pur stimando profondamente Lemaître, giudicava l’ipotesi formulata dal sacerdote belga “ispirata dal dogma cristiano della creazione e ingiustificata sul piano della fisica”[4].

Lemaître, nel formulare la sua teoria, si era però sempre tenuto distante da una visione “concordista”, cioè dalla tendenza a interpretare un testo biblico, in particolare quello sulla Creazione del Mondo, in modo da mostrare una fondamentale concordanza con i risultati delle scoperte scientifiche. Si può quindi ipotizzare che egli abbia consigliato al Papa una maggiore prudenza, in vista del discorso che avrebbe dovuto tenere in occasione dell’Assemblea dell’International Astronomical Union (IAU), evitando sconfinamenti della scienza nella teologia. In effetti, nel il testo del discorso tenuto da Pio XII davanti ai membri dell’IAU il 7 settembre 1952, non vi è traccia di concordismo.

Lemaître, quindi, distingue il concetto di inizio del cosmo da quello metafisico di Creazione (che, a suo parere deve essere intesa come Creazione continua di Dio che sostiene ogni cosa nell’essere) e, convinto della loro reciproca autonomia, non vuole mescolare il piano scientifico e quello teologico (“due percorsi verso la verità”), certo che la scienza non avesse mai cambiato la sua fede e la fede non avesse mai contrastato le conclusioni scientifiche cui era pervenuto[5].

Estratto (che segue quello già pubblicato, su Cosmologia e religione) dalle prime pagine del Quaderno n.9 Cosmologia dell’Associazione Teilhard de Chardin, a firma di Vincenzo Iannace (ripubblicato con autorizzazione). Per l’acquisto del quaderno (13 €) è sufficiente scrivere a info@teilhard.it richiedendolo: nella risposta verranno date tutte le indicazioni del caso.

[1] Cf. G.TANZELLANITTI, «Il Papa e il Big Bang. Il caso Pio XII – Lemaître (1951-1952) a proposito del rapporto fra cosmologia e creazione», Dizionario interdisciplinare di Scienza e Fede, Urbaniana University Press, Roma 2002.

[2] Discorso di Sua Santità Pio XII ai Cardinali, ai legati delle nazioni estere e ai soci della Pontificia Accademia delle Scienze 22 novembre 1951.

[3] Lemaître già nel 1927 aveva ipotizzato che la velocità di recessione delle nebulose fosse la conseguenza dell’espansione dell’universo. Nel 1931 fu il primo a formulare, insieme ma indipendentemente dal fisico russo A.Fridman, un modello cosmogonico evolutivo basato sulle equazioni della relatività, nel testo L’espansione dello spazio  (modello poi ripreso anche da G.Gamow). Inoltre, già prima di Hubble, aveva evidenziato la relazione esistente fra velocità di recessione delle galassie e loro distanza.

[4] Cf F. AGNOLI, Creazione ed evoluzione. Dalla geologia alla cosmologia: Stenone, Wallace e Lemaître, Cantagalli, Siena 2015, 67.

[5] In questo senso si può dire che la posizione di Lemaître, riguardo ai rapporti tra scienza e fede, sia classificabile, nella tipologia di Barbour, nella categoria dell’indipendenza e sia in conformità con la dottrina dei magisteri non sovrapposti di Stephen J. Gould.

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Autore: Vincenzo Iannace

Nato a Roma, laureato in Scienze naturali presso l'Università La Sapienza di Roma; ha insegnato Scienze per 30 anni nella Scuola Secondaria di secondo grado e per 7 anni è stato dirigente scolastico presso un Istituto Statale di Scuola Secondaria Superiore in Roma. E' Lettore istituito nella Diocesi di Roma. Vicepresidente dell'Associazione Italiana Teilhard de Chardin.

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