Buco nero M87: Katie batte Doc

La foto del buco nero in M87 ci mostra come la dimensione comunitaria della scienza seppellisce quell’immagine ormai desueta dello scienziato solitario retaggio di secoli passati ma che ancora resiste – come un cadavere – nell’immaginario collettivo che si porta dietro paure e angosce di una umanità in crisi, ma che è proiettata verso una unificazione ormai avviata.

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Tutti l’abbiamo vista, la «foto astronomica del secolo», il buco nero centrale in Messier 87. Per la prima volta nella storia.

«Fotografato» si fa per dire: non c’è nessuna pellicola, nessun obiettivo, nessuna stampa, nessuna banda elettromagnetica nella regione ottica, che è il visibile dell’occhio umano. Eppure si palra di «foto». Dovremmo parlare meglio di «immagine» giacché di questo si tratta: una elaborazione di una montagna di dati, tutti presi nello stesso momento, da decine di radiotelescopi (non «telescopi» dunque!) sparsi per il mondo, e molto, molto ben coordinati fra loro. Una impresa titanica.

Al posto della luce degli uomini, bande millimetriche.
Al posto dell’obiettivo, radioantenne grandi come case.
Al posto della pellicola, petabyte di dati.
Al posto della stampa, immagini j-peg,
e il frenetico andare rimbalzoso nel web.
Al posto dell’individuo, il gruppo,
al posto di una nazione, molte nazioni.
Mai come oggi è antico stereotipo Emmet Brown [vedi foto].

Una scena de “Ritorno al futuro”: Emmett Brown, a destra, detto “Doc”, è la figura stereotipata dello scienziato-genio che compie opere uniche e straordinarie in piena autonomia e con pochi soldi. Figura ormai meno che novecentesca, addirittura retaggio dell’immagine dello scienziato in voga fra il seicento e l’ottocento.

Oh.. come è novecentesco e desueto anche il Premio Nobel!
Non la genialità di uno, ma la disciplina studiosa di molti.
Non è tutto in una formula il segreto.
Non è tutto nell’ego di un genio solitario,
immaginato magari – chissà perchè – pazzoide o schizzato.
Il vero non è in questa letteratura,
che proietta le paure e le angosce di una umanità impaurita.
Il vero è invece nel sudore che viene dalla carne di uomini
che vincono la fatica con il proprio entusiasmo.
Da esso viene la fecondità,
Il brivido di viverlo in gruppo,
un’emozione di grandezza.
La gioia di essere parte di una squadra
in cammino con l’entusiasmo verso la scoperta.
Il singolo realizza se stesso nelle relazioni feconde
che nascono dalla passione per la scoperta.
In questo – oggi più di ieri – si realizza oggi la Nuova Umanità,
quel nascente in questo remoto e misterioso pianeta
per cui nulla di grandemente nuovo sarà più frutto di uno.
Cosa è, questo, per lo spirito umano?
Un altro gradino, faticoso e maestoso,
verso l’unità sempre agognata dai primordi della storia.
Non è certo questo il primo
dei progetti di tal specie,
eppure è segno di quel tendere
ormai ineluttabile,
che da sempre aneliamo:
All’unità.
All’integrità.
Al fare insieme.
All’essere uno.

Così, proprio così, ci mostra la giovane Katie Bouman,
ricercatrice del team internazionale, che scrive su internet: «Guardo incredula la prima immagine che io abbia mai fatto di un buco nero mentre stava per essere ricostruita»

Un sorriso che ha già incantato il mondo…

Nel suo sorriso, nei suoi occhi, nel suo volto vediamo i segni di una nascente e sempre più unita umanità: chi la vorrebbe ancora divisa, in guerra, in conflitto perenne, non sa che tutto questo, se non è già stato spazzato via dalla storia, lo sarà presto.

Lasciamo la conclusione alla nostra testimone dell’umanità nascente, questa giovane e brillante ricercatrice di 29 anni, divenuta per un giorno famosa in tutto il mondo, che pubblicando una foto di tutto il suo team scrive sul proprio profilo:

Sono così felice …. L’immagine mostrata oggi è la combinazione di immagini prodotte con più metodi. Nessuno algoritmo o persona ha creato questa immagine, ha richiesto il sorprendente talento di un team di scienziati di tutto il mondo e anni di duro lavoro per sviluppare lo strumento, l’elaborazione dei dati, i metodi di imaging e le tecniche di analisi necessarie per realizzare questa impresa apparentemente impossibile. È stato davvero un onore, e sono così fortunata ad aver avuto l’opportunità di lavorare con tutti voi.

Il nostro ringraziare è sempre dentro una relazione: Katie ringrazia. E’ felice perchè non solo è brava, ma soprattutto perchè non è sola.

[vedi anche l’articolo correlato su GruppoLocale.it]

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Autore: Fabrizio Sebastiani

Classe 1975, laureato in Informatica, fin da adolescente appassionato di scienze, in particolare astronomia e fisica. Sulla via di damasco incontra la fede cristiana e, apprendendo anche di teologia, è sempre in cerca di una sintesi tra una fede ragionevole e una ragione solida ma aperta al mistero. Sposo e padre di due figli.

5 pensieri riguardo “Buco nero M87: Katie batte Doc”

  1. Grazie Fabrizio, per questo articolo molto molto bello e appropriato, che si conclude splendidamente, ricordandoci l’importanza della relazione, mettendo in gusta luce la connessione stretta che esiste tra relazione e gratitudine.

    Il nostro ringraziare è sempre dentro una relazione: Katie ringrazia. E’ felice perchè non solo è brava, ma soprattutto perchè non è sola.

    Così l’impresa scientifica si ritrova attenta ai bisogni delle persone, si ritrova autenticamente umana. Altro che fredda e spersonalizzante! La scienza che ci interessa è nel sorriso di Katie, penso, è persuasiva e gentile come quel sorriso. La scienza ormai, è inevitabilmente così. O insieme o niente, mi par proprio.

    E’ finito il tempo delle imprese “titaniche”, pur mirabili, condotte da una sola persona: la teoria della relatività forse è l’ultimo grande esempio di questa impostazione (la meccanica quantistica è già un lavoro di gruppo, come sappiamo). Non è questione di scelte, sono i tempi che ce lo impongono, che modulano la modalità stessa di indagine del reale, ne scolpiscono le caratteristiche, ne definiscono compiutamente la natura.

    Ed è emozionante (appena ne abbiamo coscienza) scegliere di vivere, anche nella scienza, l’epoca della relazione.

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