Oltre il principio di inerzia

In questo scritto vorrei dare corpo ad una intuizione poetica riguardante una legge fondamentale della fisica classica: il principio di inerzia.

L’intento non è scientifico, nonostante ormai sappiamo che anche nelle scienze cosiddette esatte è stata sfatata la pretesa di certezza assoluta e incontrovertibile. L’emisfero sinistro del cervello infatti, deputato alle funzioni razionali, di controllo e della volontà, è chiamato ad integrarsi con il destro, sede dell’intuito, dell’intelligenza emotiva e della ricezione passiva.

Questo testo spero possa essere un contributo in questa direzione, nonostante l’apparente stranezza e vaghezza delle riflessioni proposte.

Vi chiedo perciò di immaginare come un piccolo gioco, nel quale lasciarci condurre dalle libere associazioni, mantenendo però vigile l’attenzione e l’accuratezza del pensiero.

Ebbene, l’intuizione è questa: il principio di inerzia, nella sua formulazione più generale, che ora esporrò, fonda quello che possiamo chiamare il “meccanicismo”, ovvero quella modalità di conoscere la realtà che appunto ne rintraccia ovunque relazioni meccaniche, sulla base di cause ed effetti stringenti, all’interno di un mondo fatto di cose-oggetti semplicemente presenti, e in cui gli esseri viventi sono altrettante macchine, conoscibili attraverso le leggi matematiche del moto.

Il meccanicismo non è solo un indirizzo scientifico, ma l’impianto essenziale in cui si esplica una certa forma di esistenza dell’essere umano sul pianeta, che è alla base dell’attuale stato di crisi della civiltà in cui siamo immersi.

Durante le nostre giornata infatti ci muoviamo come automi, ingranaggi perfettamente regolati sul funzionamento della società; trattiamo gli altri come macchine, utili ai nostri scopi immediati, fornitori di servizi, noi stessi come strumenti, a partire dal nostro corpo, la vita come una riserva di risorse da sfruttare e via dicendo, salvo poi esplodere nelle cicliche ed “inspiegabili” violenze di turno, o in crisi depressive altrettanto misteriose per la scienza ufficiale.

Come scrive Enrico Cheli, il potere oggi è fondato su un “paradigma materialista che governa la cultura dominante. Un paradigma caratterizzato da una visione del mondo a compartimenti stagni. (..) È proprio questo modo di considerare i diversi processi e aspetti della realtà- definibile come meccanicismo-riduzionismo – che secondo molti è il principale responsabile del grave stato di dissesto ambientale, di caos economico e di malessere sociale e individuale in cui ci troviamo”.[1]

Ebbene, uno dei principi fondamentali di questo meccanicismo-riduzionismo è il principio di inerzia. Esso enuncia che: “ciascuna cosa, in quanto semplice rimane per quanto è in sé, sempre nel medesimo stato, e non è mai mutata se non da cause esterne”.[2]

Ovviamente non vi è alcuna pretesa scientifica nel mio scritto, ma l’intuizione poetica è affascinante. Il principio di inerzia, ad un livello più profondo, ci parla di una modalità abituale di essere noi stessi. Ciascuna cosa, se non è toccata da cause/cose esterne, rimane quella che è, imperterrita nel suo movimento quotidiano che tende alla ripetizione eterna degli stessi schemi, e in ultima analisi alla morte.

Il principio di inerzia è questa gabbia nella quale continuiamo a vivere le nostre vite, semplicemente andando avanti, non sperando in nulla, proni e chini al potente di turno, al dolore insopportabile del momento, all’odio verso gli altri e noi stessi, all’oscurità del mondo. Siamo tutti bloccati da questo principio che ci rende macchine, automi, sempre centrifugati dagli impegni del giorno e ignari dell’infinito mistero che ci abita e in ogni momento risplende nel “poema del mondo” come dice Heidegger.

Se fosse per noi resteremmo imbalsamati nei nostri schemi difensivi e nelle nostre paludi menzognere a marcire, e a rimpiangere tempi passati o a illuderci di stare meglio in quelli futuri. Questa impotenza che al fondo è un essere inerti appunto, un essere morti ci rende “schegge impazzite”, che al minimo tocco divengono vulnerabili, causando errori e quel karma negativo che la tradizione orientale conosce bene.

L’etimologia della parola è altrettanto importante: inerzia viene da in “privo”  e ars, ovvero privo di arte, di attività. Un individuo e una civiltà fondati su una mancanza di vitalità, di vita, di arte, che sta distruggendo se stessa (depressione) e il pianeta (cambiamenti climatici).

Queste sono solo intuizioni, ma spero ci possano servire a fare di queste leggi della fisica come dire… delle immagini di trasformazione interiore che fanno bene all’anima e ci aiutano a capirne appunto i meccanismi profondi, sintetizzandoli e preparandola ad un salto.

Scherzare anche, prendere in giro questo bambino impaurito che si chiude in se stesso e nella sua inerzia, nella sua stanchezza e torpore, che si chiude agli altri e al resto del mondo ma al contempo ne è schiavo, calamitato e pilotato inconsciamente.

La fisica oggi infatti ci dice che queste cose in sé semplici e isolate non esistono. Innanzitutto non esistono le cose, che sono aggregazioni vibrazionali e dinamiche di energia (per la maggior parte vuote!), poi non sono semplici, e infine non sono isolate: l’universo e la realtà costituiscono una unità in ogni suo aspetto e manifestazione integralmente interrelata e comunicante. Tutto è in relazione con tutto, perché il tutto è una unità intelligente.

Il principio di inerzia, potremmo dire, è una difesa contro questa apertura cosmica che noi stessi siamo.

“Gli organismi viventi non sono macchine, sono sistemi aperti. (..) Il nostro pianeta è un unico ecosistema le cui parti sono interdipendenti. Anche nell’essere umano il corpo non è indipendente dalla mente, un organo non è isolato dagli altri, e la coscienza e lo spirito si riflettono sulla realtà materiale, emozionale, mentale”.[3]

Forse questa nuova integrazione fra metodo scientifico, psicologia del profondo e intuizione creativa può aiutarci a sentire in noi stessi l’emersione di una nuova possibilità di essere noi stessi, più libera e gioiosa, e quindi salutare per il futuro dell’umanità e del pianeta.

 

[1] E. Cheli, I creativi culturali, p. 6/7.

[2] E. Nenci, Manuale di storia della scienza, p. 334

[3] N.F Montecucco, Psicosomatica olistica, p. 24/48

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Autore: Francesco Marabotti

Sono nato nel 1992 a Milano, città nella quale ho compiuto il mio percorso di studi, che sto portando a termine con la laurea magistrale in Filosofia. La ricerca di una verità che potesse coniugare l'anelito profondo di una libertà spirituale con la mia vita concreta ha sempre motivato il mio percorso e le mie aspirazioni. Per questo la passione filosofica si è sempre accompagnata ad una visione poetica di una possibile svolta dell’essere umano in questo tempo storico, per fondare una nuova modalità di pensare la realtà e le nostre relazioni.

3 pensieri riguardo “Oltre il principio di inerzia”

  1. Bella intuizione, interessante lettura delle implicazioni di un principio che solo in limitatissime e specifiche situazioni, laddove si fermino per un istante tutte le interazioni con altri elementi costitutivi della relazione di esistenza (e si sospenda quindi la condizione stessa di “esistenza”), può essere considerato vero.
    Buona giornata
    Maria

  2. Sono una docente e tutto quello che accade nel macrocosmo, puntualmente, lo ritrovo nel microcosmo delle mie classi. La lettura del post di Francesco Marabotti mi ha emozionato molto perché, nel principio di fisica, ho ritrovato l’essenza stessa del mio lavoro.

    La definizione di inerzia: “Tendenza di un corpo a non modificare il proprio stato di quiete o di moto a meno che non sia costretto da forze impresse”, mi fa riflettere sulla grande e quotidiana fatica che occorre a scuola per superare questo doloroso stato di immobilismo; non conosco la fisica, ma la legge dell’inerzia la scopro continuamente nella vita non vissuta, priva di slanci, sempre uguale a se stessa, nel torpore delle anime e nella loro paura.

    I ragazzi vivono addormentati in un sonno profondo, in un letargo dal quale non riescono a svegliarsi; per pigrizia e per mancanza di fiducia evitano i cambiamenti e in questo immobilismo la loro vita perde il suo significato profondo. L’esistenza è più complessa di una legge e ha bisogno di risposte e di aiuto; l’inerzia nasconde il vero aspetto della realtà condannando l’essere umano alla prigionia in una forma inferiore e, a scuola, la necessità di muoversi oltre il principio di inerzia è forte.

    Educare è ricerca di sé e del senso profondo della vita, al di là di tutti quegli schemi limitanti che hanno impedito la piena realizzazione dell’uomo nella sua dimensione umana e divina. Educare significa parlare non solo alla mente, ma allo spirito, abbattere il dualismo anima e corpo, sviluppare il pensiero creativo e la fantasia, far crescere la persona umana, liberarla dal torpore dell’anima, affascinarla, scuoterla e risvegliarla.

    L’educazione, quando anche lei non soffre di inerzia, è quella forza propulsiva che affina la sensibilità, corregge comportamenti e determina movimento e impulso nuovi, riconsidera tutti i valori umani e insegna una nuova concezione dell’uomo e della storia. Dentro ogni essere umano esiste una ricchezza infinita che è stata dimenticata, esistono potenzialità che sono state trascurate e inutilizzate.

    Questo potenziale deve assolutamente essere riportato a galla; l’educazione può operare un cambiamento di rotta, combattere apatia e sfiducia e ricordare che il fulcro di ogni esistenza è la coscienza di sé. Nei condizionamenti mentali non c’è conoscenza, né evoluzione; le abitudini e i divieti ci fanno sentire al sicuro, ma alla lunga, ci tolgono il respiro, ci soffocano e ci svuotano; per uscire da questo stato di inerzia e conoscere la vita tutta è necessario un cambio di coscienza.

    La fiaba, per esempio, insegna che Il punto più alto e sublime della vita è la metamorfosi. L’uomo, se vuole, può trasformarsi nella dimensione infinita che è dentro di lui, porre fine alla vita limitata e mediocre, accettare di vivere la sua grandezza, e diventare coscienza assoluta. Metamorfosi significa cambiare forma, vivere fuori dal sentiero ordinario e realizzare un uomo completamente nuovo. La Metamorfosi è una vera e propria Resurrezione.

    fiaba

    Provate a ripensare e a rileggere alcune fiabe; come scritture sacre, insegnano a mettere in pratica il cambiamento. Nella fiaba di Cappuccetto Rosso, per esempio, il lupo rappresenta la vastità dell’esistenza umana nella quale la protagonista, abbandonate le scorciatoie e i consueti sentieri, si immerge; questa totale adesione alla vita la mette in connessione con il Tutto e la trasforma in Luce (versione completa e originale di Perrault). Queste le parole del lupo: “Cappuccetto Rosso, guarda che bei fiori ci sono tutt’intorno, perché non li osservi più da vicino? Mi pare che tu non senta nemmeno gli uccelli che cinguettano così gaiamente? Cammini come se stessi andando a scuola, quando invece nel bosco è tutto così pieno di allegria”.

    Come la fiaba, anche la poesia è strumento di risveglio e se inerzia significa senza attività, poesia per sua definizione significa azione. “Svegliare la gente, questo è ciò che fa la poesia. Nomina le cose nella loro essenza primaria, sente quanto ci è stato tolto”, con queste parole Mario Luzi ci spiega come la poesia non sia solo un’esperienza estetica, ma esperienza di vita vissuta, fondamento della storia umana. La parola poetica porta alla luce ciò che è nascosto, ha il potere di svelare la realtà e, se ascoltata e compresa, dà un senso agli animi, è profezia e rivelazione, la sua forza crea un campo di coscienza superiore e trasforma vite imbarazzanti e vuote in vite piene.

    Emily Dickinson, poetessa statunitense, descrive l’inerzia come morte.

    Dopo un grande dolore viene un senso solenne,
    i nervi stan composti, come tombe.
    Il Cuore irrigidito chiede se
    proprio lui
    soffrì tanto? Fu ieri o qualche secolo fa?
    I piedi vanno attorno come automi
    per un’arida via
    di terra o d’aria o di qualsiasi cosa, indifferenti ormai;
    una pace di quarzo come un sasso:
    Questa è l’ora di piombo, e chi le sopravvive
    la ricorda come gli assiderati rammentano la neve;
    prima il freddo, poi lo stupore, infine
    l’inerzia”
    (n. 342, “Tutte le poesie”, Mondadori)

    Ma Emily amava l’esistenza con forza e coraggio, aveva imparato a spezzare gli incantesimi dei suoi condizionamenti e aveva aderito completamente alle infinite possibilità della vita.

    Io vivo nella Possibilità
    Una casa più bella della prosa,
    di finestre più adorna
    e più superba nelle sue porte.
    Ha stanze simili a cedri
    Impenetrabili allo sguardo
    E per tetto la volta perenne del cielo
    E la mia vita è questa:
    allargare le mie mani esili Per accogliervi il Paradiso.
    (n. 657, “Tutte le Poesie”, Mondadori)

    La poesia imprime e determina un movimento così profondo che riesce a cambiare la sostanza stessa della realtà. E’ una soglia tra il visibile e l’invisibile, tra l’ impossibile e il possibile, tra la vita meccanica e l’essenza, è strumento per entrare in connessione con la dimensione interiore. Questo mondo depresso ha bisogno di poesia.

    Io credo che il trascendente sia radicato nella nostra vita, necessario e irrinunciabile, tutti siamo immersi in un universo di possibilità, sta a noi realizzarle. Tutto si muove e noi non possiamo sottrarci, se impariamo ad avere fiducia nelle leggi dell’ universo e nelle leggi interiori dell’essere umano, se cominciamo a familiarizzare con il nostro infinito, sarà facile imprimere quella forza e quell’azione che trasformerà la nostra vita, metteremo fine alle fughe e al potere delle forme.

    Se saremo in grado di operare una sintesi perfetta tra intelligenza e meraviglia, tra corpo e spirito, potremmo, finalmente, percepire l’infinito del nostro cuore perfettamente connesso con l’infinito del cosmo e sentirci eredi, figli unici e prediletti di questo meraviglioso e intelligente Universo.

  3. Cara Carla,
    grazie della risposta
    che condivido appieno.

    Coniugare i livelli essenziali dell’umano
    per procreare una integrità inedita
    di trasformazione dell’attuale
    stato di isteria e sterilità
    in cui viviamo
    è il compito storico
    e personale del nuovo millennio.

    Ciao
    Francesco

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