Una inaspettata pioggia di stelle

Nell’ora di letteratura, durante la lettura di un brano fantasy, i ragazzi si soffermano perplessi difronte alla parola disastro e alla forte prova di dolore affrontata dal protagonista. Quel dolore risuona tristemente nei loro cuori, chiedono una spiegazione più ampia, vogliono capire e sentirsi rassicurati

Riconosco molto bene quel dolore, sono molti anni che passo tra i banchi e puntualmente lo ritrovo nello sguardo spento e implorante, nella voce strozzata, nel gesto pieno di rabbia, nella parola violenta, nelle  lacrime amare e ribelli. Ciò che più fa male è non riuscire a decifrare l’origine del proprio dolore e sentirsi incapaci di viverlo; un dolore non riconosciuto e non accolto si trasforma in cinismo, rabbia e pericolosa indifferenza.  Solo risvegliando la sua parte più profonda,  l’essere umano può prendersi cura di sé e guarire il dolore.

La famiglia e la scuola non sempre aiutano la crescita emotiva, non educano a vivere la vita nella sua interezza e spesso ai ragazzi viene insegnata  la resa e la sconfitta finale. 

Io sono un’educatrice e non mi arrendo, continuo a passare tra i banchi e in modo chiaro percepisco un’umanità sicuramente dolente, ma pronta ad andare oltre, percepisco un’umanità nuova che ha voglia  di vita nuova, di parole di speranza e pensieri di fede. Il disastro fa parte della vita, ma non esiste un disastro definitivo se si comprende la lezione sulla pienezza dell’esistenza.             

Allora interrompo la lezione, faccio l’etimologia della parola (dal lat. dis-astrum) e  chiedo agli alunni: “Volete fermarvi al disastro o prepararvi ad accogliere una inaspettata pioggia di stelle?” 

Fuggire dal dolore è pericoloso e non serve a nulla, è necessario ascoltare la voce interiore,  attraversare senza paura il disastro, fino a trovare quel coraggio, quella forza d’animo e quell’arrendevolezza  che spinge a scendere dentro per accogliere  tutto il dolore possibile. Un dolore non subito, ma riconosciuto e affrontato con tutta l’energia del corpo, della mente e dell’anima è un dolore che rigenera, come l’ombra che porta luce, come quel dis-astro che, nella fiaba dei Fratelli Grimm, si trasforma in una inaspettata pioggia di stelle.

LA PIOGGIA DI STELLE   

C’era una volta una bambina che non aveva più né babbo né mamma ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare né un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane che un’anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò nei campi  fidando nel buon Dio. Un giorno incontrò un povero che disse: “Dammi qualcosa da mangiare, ho tanta fame”. Ella le porse tutto il suo pezzetto di pane e continuò la sua strada. Poi venne una bambina che si lamentava e disse:” Ho tanto freddo alla testa. Regalami qualcosa per coprirla”. Ella si tolse il berretto e glielo diede. Dopo un po’ venne un’altra bambina che non aveva  indosso neanche un giubbetto e gelava, ella le diede il suo. Un po’ più in là un’altra le chiese una gonnellina, ed ella le diede la sua. Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un’altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò” E’ notte fonda, nessuno ti vede, puoi ben dare la tua camicia”. Se la tolse e diede anche la camicia. E mentre se ne stava là, senza più niente addosso, d ‘un tratto caddero le stelle dal cielo ed erano tanti scudi lucenti e benché avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva una nuova, che era di finissimo lino. Vi mise dentro tutti gli scudi e fu ricca per tutta la vita.

L’invito della fiaba è quello di accogliere il disastro sulla propria carne per realizzare il passaggio ad una forma nuova. Generare un uomo nuovo in grado di trasformarsi nella sua essenza spirituale. Unire Terra e Cielo  nella consapevolezza che il cielo generato dalla terra,  da quella terra desolata e arida che è stata però accolta e nutrita, rappresenta  il seme di perfezione e divinità di ogni uomo.

La letteratura viene sempre in nostro soccorso, rappresenta  una forte presa di coscienza e risponde a esigenze evolutive.  La fiaba, in modo particolare, racconta  un mondo di Unità, comunica un senso di Speranza e Potenzialità, conosce la vita oltre l’ego, la esplora nella sua essenza profonda, entra nella coscienza del Tutto ed educa a ricostruire l’Unità dell’essere umano fino al compimento del suo passaggio sulla terra. I  ragazzi che imparano a prendersi cura della parola, ad aggrapparsi alla parola, a vivere in profondità l’essenza stessa della  parola, riescono a dare pace al dolore e guarire. Avvertiva Eugenio Montale che “La parola squadra e dà un senso al nostro animo informe…apre mondi nuovi”.  

 

Ecco cosa hanno scritto alcuni dei ragazzi, sul tema Ascolto il dolore… e il dolore si fa poesia.                                                                                                                

Il dolore è silenzioso,

e attacca alle spalle.

Arriva sempre nelle belle giornate

E’ invisibile ai miei occhi,

è intoccabile alle mie mani.

Ferisce il mio cuore con la sua spada

Lasciandomi  morente.         

Filippo

 

Il dolore filtra nella mia anima.

E’ freddo e scivoloso,

è un grido di paura che mi distrugge.

Ha un sapore amaro e un profumo aspro.

Il dolore è dentro di me.       

Ilaria

 

Entro dentro me, vedo il dolore.

Cappelletto all’americana,

giacca da poveraccio.

Occhi color porpora.

Striscia attraverso le mura di casa mia,

entra di nascosto, e silenzioso mi fa male,

mi mette al muro per un’ora

incombe su di me,

ma io sono più forte e lo sconfiggo.     

Federico

 

Benvenute le terre dell’uomo,

ospitali e benefiche.

Benvenute le terre dei ghiacci,

pure e allegre.

Benvenute le terre aride,

dure e selvagge.

Benvenute le terre dell’acqua,

cristalline e luminose.

Benvenute le terre delle montagne,

orgogliose e possenti.

Benvenute le terre del disastro e del dolore,

che nessuno vuol vedere.

Benvenute tutte le terre ancora da scoprire.       

Luisa

 

Ed ecco come hanno descritto la parola ‘disastro’… 

La parola disastro è un mondo pieno di tuoni e fulmini, somiglia a una tempesta. La tempesta non la vedo solo fuori dalla finestra ma dentro di me: ha una forza possente, ha coraggio e mi incanto per la sua bellezza. Così mi sento dentro, nei momenti  tristi, rabbiosi e felici. La parola è un multitasking. È una freccia che può essere scagliata con l’intento di ferire o di avvisare; è un avviso che mi dice: “Guarda cosa ti stai perdendo: il vento soffice e l’erba bagnata”. Quel dolore  tempestoso mi renderà unica e sovrana, perché l’ho affrontatoMonica

La parola vale più di ogni gesto perché tocca il cuore e dà senso alla vita. A volte  gentile e affettuosa, a volte  triste e sconsolata, a volte rabbiosa e irata, a volte indecifrabile perché comunica cose segrete e significati nascosti che voglio imparare a comprendere. Valerio

La parola può essere un insieme di note che compongono una sinfonia, la parola mi dà la spinta per ricominciare e mi spinge alla conoscenza. Sto imparando ad  ascoltare il canto soffocato delle parole dimenticate, perse e oscurate, ridotte allo scricchiolio di una lettura disordinata e troppo veloce; in questo modo riesco a  toccare tutte le speranze e le ultime occasioni che loro contengono.  La parola disastro contiene due significati diversi: il disastro della mia cameretta e sinfonia degli astri e delle loro cascate stellari.  Aurora                                                

La parola disastro può creare dentro di me un inferno o un paradiso. Mi dà la possibilità di esplorare un mondo nuovo, mi fa ricominciare, mi cambia,  mi tocca, mi rilassa, mi addormenta con un soffice canto e mette le ali al mio cuore. Giorgia

 

Epilogo: imparare dai più piccoli…

Per quanto mi riguarda, nulla so con certezza. Ma la vista delle stelle mi fa sognare“, così appuntava  Van Gogh nel suo diario. Ed allora, proprio dalle stelle possiamo ripartire nella ricerca di una scienza più umana, più viva, più vicina al palpito del cuore di un ragazzo che si affaccia sull’universo, con una coscienza nuova, fresca, intatta. Siamo fatti di stelle, questo già lo sappiamo. Forse dobbiamo appena riscoprire questo, che siamo fatti per le stelle. “Costruisce troppo in basso chi costruisce al di sotto delle stelle.” dice il poeta inglese Edward Young.

E forse, dobbiamo impararlo dai piccoli, da queste meravigliose stelle in formazione.

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Autore: Carla Ribichini

Insegno materie letterarie nell'I.C. Corradini di Vermicino e sono ideatrice di un progetto innovativo che si chiama EDUCAZIONE VISIONARIA. La mia preziosa professione mi ha insegnato a credere nella capacità evolutiva dell'essere umano. Ogni giorno sperimento un mondo dove tutto è Possibile e sempre più cresce in me la consapevolezza che l' Educazione è atto eroico e Speranza per la Nuova Umanità.

3 pensieri riguardo “Una inaspettata pioggia di stelle”

  1. Apre davvero alla speranza quando la scuola si fa tramite di iniziazione alla vita e non solo passaggio informativo che lascia affamati.
    Complimenti all’insegnante!
    iside

    1. Cara Iside,
      ti ringrazio di cuore e ringrazio di cuore tutti i ragazzi che rendono straordinaria la nostra vita.
      Un abbraccio. Carla

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