La danza cosmica di miliardi di stelle

Disponibile anche il secondo video del progetto Darsi Spazio. Una breve descrizione e soprattutto, un invito alla visione.

Nell’articolo precedente è stato introdotto il progetto Darsi Spazio, che è già arrivato alla pubblicazione del secondo dei sei dialoghi previsti per quest’anno (uno al mese, fino a giugno).

Lo spunto di partenza di questo dialogo è una frase di Marco Guzzi, pubblicata su Facebook qualche tempo fa

… soltanto lo Spirito che in questo istante sta dando la vita alle foglie del ficus sul mio terrazzo, soltanto la Potenza creatrice che mi sta donando questo esile respiro, dolcissimo e tenue filo di vita, soltanto la Mente geniale che lascia ruotare le galassie nella loro danza nucleare, potrà guidare anche i nostri passi.

Colpiti e confortati da questo pensiero largo, che considera tanto le foglie di una pianta sul terrazzo di casa quanto le galassie nella loro danza nucleare, ci siamo chiesti cosa possiamo dire di questi meravigliosi fenomeni di danze stellari, cosa accade nello spazio intorno a noi, se la galassia di Andromeda si “scontrerà” con la nostra in un remoto futuro e se sarà realmente un evento traumatico, come la mente sarebbe portata a credere.

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In partenza per lo spazio

La gestazione è stata lunga, l’idea di base ci era venuta diversi mesi fa. C’è voluto però un lavoro paziente di messa a fuoco, di limatura, di cura del dettaglio, di valutazione tecnica. Incontrarci, ogni tanto, riparlarne. Sfrondare dalle cose inutili, definire i contorni, piano piano.

Tutto perché il nostro obiettivo venisse più chiaramente portato alla luce: l’obiettivo cioè di rendere un servizio (innanzitutto ai praticanti Darsi Pace, ma più generalmente a chiunque sia interessato). Parlare del cosmo dal punto di vista scientifico, filosofico e spirituale insieme, onorando e raccogliendo – in prima istanza – tanti spunti che vengono dal percorso Darsi Pace, così intrinsecamente e splendidamente cosmico. Era davvero diventata una esigenza, per noi.

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Un approccio ragionevole

Cosa ci può dire un libro di alcuni decenni fa, sul modo corretto (e bello) di fare scienza, oggi?

L’impresa scientifica – l’abbiamo sottolineato molte volte, in queste pagine – non ha per nulla bisogno (contrariamente a quanto comunemente si pensa) di un asettico distacco dell’esaminatore rispetto al materiale di laboratorio, mentre si giova moltissimo di un approccio inverso, dove anche il sentimento viene tenuto in debita considerazione. Si tratta però di capire bene in che modo tenerne conto.

La gioia dei tecnici NASA all’arrivo della sonda New Horizons su Plutone, al suo “risveglio” avvenuto con successo, dopo anni di silenzioso viaggio…

Urge contestualizzare. In questi mesi, accogliendo un suggerimento di lavoro proveniente dal movimento di Comunione e Liberazione, ho ripreso dall’inizio il testo di don Luigi Giussani, forse il suo più celebre: Il Senso Religioso. Questo costituisce il primo dei tre volumi in cui si articola la proposta del suo perCorso (gli altri sono rispettivamente All’origine della Pretesa Cristiana e Perché la Chiesa). Come è stato notato in altra sede, questo primo è un volume che parla pochissimo di metafisica o teologia, mentre si sofferma molto della modalità corretta del conoscere, considerata a ragione una premessa essenziale a tutto il resto. Riguardo poi il mio Giussani, con grande piacere (e con una innegabile senso di rassicurazione: ero finito nel posto giusto), mi accorsi già molti anni fa che i primi due volumi del suo perCorso sono presenti nella bibliografia consigliata per il triennio di Darsi Pace. Tutto torna, insomma.

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Il rapporto tra l’uomo e la macchina.

Guzzi, Faggin, Davide Sabatino e i Gruppi Darsi Pace. Con un invito, per domenica 29 ottobre, a Roma (o in streaming).

Il rapporto tra l’uomo e la macchina. È questa, a mio modo di vedere, una delle sfide decisive del nostro tempo perché ci costringe ad interrogarci su chi sia l’uomo, e se l’uomo si risolva in un meccanicismo deterministico equiparabile alle regole che governano la macchina.

In brevissimo – e rimando per ogni spunto personale al bellissimo saggio di Davide Sabatino all’interno dell’opera collettanea “La politica di una nuova umanità” – può dirsi che al giorno d’oggi ogni interrogativo sulla “natura” umana sia fortemente contaminato da una filosofia trans-umanista o post-umanista che promettendo un benessere maggiore ed una felicità incomparabile, tenta di scomporre l’uomo ad un insieme di dati, oppure ad un insieme di ingranaggi tecnici che possono essere fusi con le potenzialità dello sviluppo tecnologico, con la promessa prometeica di farci finalmente evadere dal nostro carcere interiore, dal nostro stato di minorità, ed elevarci a potenzialità neanche immaginabili.

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La vita vuole vivere

Alcune considerazioni a margine del dialogo tra Marco Guzzi e Federico Faggin

“La Vita vuole vivere” (come dimostra questo fiore sbocciato sul pavimento del mio terrazzo).

Questo postulato è alla base della teoria darwiniana.  Ma perché la vita vuole vivere? Vivere non è semplice, non è privo di dolore e fatica. Marco Guzzi ci ha detto, in uno degli ultimi incontri a cui ho partecipato, che Buddha sosteneva che stare in un corpo è irritante, è in pratica un fastidio continuo, c’è sempre, in ogni istante, qualcosa che ci infastidisce, e questo quando le cose vanno bene. Allora perché la vita vuole vivere? Lo diamo per scontato ma non lo è affatto.

Il postulato che sta alla base della teoria di Faggin è invece che la Coscienza (Uno, Spiritus, Aνεμος…) vuole essere sempre più cosciente, cioè vuole conoscersi sempre di più.

Ciò spiegherebbe perché la Vita vuole vivere, a tutti i costi. Per conoscere bisogna essere vivi, conoscere non può prescindere dal vivere, anche se ciò implica fatica e dolore.

Certo ci si può fare la stessa domanda: perché la Coscienza vuole diventare sempre più cosciente?

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Oltre il modello algoritmico

Nell’imminenza dell’incontro tra Marco Guzzi e Federico Faggin a Verona, sabato 20 maggio, una proposta di accostamento tra alcuni estratti dal libro “Irriducibile” e la Carta della Nuova Umanità

La Carta della Nuova Umanità è una iniziativa promossa da Darsi Pace e dal movimento L’Indispensabile, una proposta per raccoglierci intorno a pochi punti molto chiari. Una cordiale possibilità di ripartenza, in un clima innegabilmente confuso.

In una intervista di alcune settimane fa ho avuto modo di accennare a come la avverto io in quanto astrofisico. In questa sede vorrei piuttosto andare su una parte molto specifica del testo. Vi è infatti un passaggio che, a mio avviso, vale sottolineare specificamente per AltraScienza:

E ci rivolgiamo apertamente e cordialmente a tutte quelle persone, credenti o non credenti, cristiane o buddhiste, islamiche, ebree, hindu, o agnostiche o solo in ricerca, le quali comunque avvertano i pericoli e le distorsioni della visione antropologica riduzionistica, algoritmica, materialistica, scientistica, consumistica, e alla fine nichilistica, e bellica, che questo mondo al collasso vorrebbe imporci.

La Carta è un documento volutamente sintetico, per cui ogni passaggio è come se racchiudesse un tema, od anche una serie di temi, in modo compresso: chiama non tanto ad una fruizione passiva, ma alla necessità di un lavoro personale di interpretazione e di espansione. Anche per questo, mi appare come uno strumento formativo, non appena informativo.

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Meglio un uovo oggi che una gallina domani

In un sistema di mondo sempre più improntato alla velocità e quindi all’avventatezza, l’esperienza ci dovrebbe insegnare nuovamente il valore della prudenza.

Pare che ci siamo evoluti in ambienti altamente pericolosi. Abbiamo trascorso la maggior parte del nostro tempo evolutivo ad essere una preda e a dover reagire in modo fulmineo ad ogni segno sospetto.

Così il nostro modo di percepire il mondo, le nostre euristiche cognitive sono stati selezionati avendo come obiettivo quello di evitare di essere mangiati. Un gran bell’obiettivo!

Oggi noi viviamo in condizioni molto diverse da quelle che ci hanno accompagnato per 300.000 anni di storia evolutiva. Per noi il nostro essere potenzialmente preda per un altro animale è piuttosto remoto.

Molto più probabile è che siamo noi il predatore. Sfruttiamo le risorse naturali con una avidità da Guiness dei primati. Dall’estrazione dei minerali e dei combustibili fossili alla pesca, dalla deforestazione alle monocolture intensive, dall’industrializzazione che succhia energia in quantità elevatissime allo spreco di manufatti da acquistare e buttare a ritmo sempre più vorticoso.

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Quale percorso tra fede e ragione?

Rispondiamo volentieri a una praticante di Darsi Pace che ci scrive a proposito dei disagi che causano in lei certi contenuti su Internet, apparentemente credibili ma in realtà deboli nella sostanza.

Carissima Rosalba,

a proposito del video di Corrado Malanga che ci hai segnalato e delle perplessità che ben si evidenziano in modo così fervido dalle tue forti espressioni come “abisso terrorizzante” e “schizofrenia tra fede e razionale”, riteniamo sia importante fare qualche considerazione di carattere generale.

Ti ringraziamo per la tua domanda perché ci dà un importante spunto a riflettere su questi nostri tempi, cosa che il nostro movimento non manca mai di fare.

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La scienza è un metodo

Definire bene le cose è il primo passo verso la chiarezza del pensiero. La corretta definizione di scienza la libera da tanti pregiudizi e ne restituisce la limpida semplicità che le è propria.

In effetti è così. La scienza è essenzialmente un metodo. Cultura e spiritualità hanno un compito pedagogico infinito, anche (aggiungo io) nel farci comprendere la vera natura dell’impresa scientifica.

La scienza è un metodo straordinario che ha dato risultati travolgenti. Un metodo di verifica, decisamente un bel metodo. Capace di schiarire la mente, aveva davvero ragione Friedrich Nietzsche. Personalmente, ho sempre avvertito come un buon articolo scientifico faccia pulizia nel cervello, allontani un po’ le paure ingiustificate, liberi i neuroni da tante scorie di pensieri pseudo filosofici perlopiù errati. La vera scienza fa bene al cuore, alla mente e al fisico.

Lo scientismo è invece una filosofia (da quattro soldi, aggiunge Marco Guzzi in questo estratto). Propria di persone che non conoscono la filosofia, i grandi passaggi del pensiero filosofico. Costellato di dogmatismi, che sono quanto di meno scientifico esista al mondo. Abbiamo un compito, che è quello di celebrare la scienza, difendere la vera scienza, dandole il suo ambito, che è un ambito molto preciso.

L’estratto a cui mi sto riferendo è una piccola parte della ben più estesa video intervista “Costruire la PACE dentro un sistema di GUERRA” a cura di Silvana Carcano, reperibile da YouTube (e per la limpidezza di visione e la rilevanza dei temi trattati vale senz’altro la pena di guardarlo tutto, anche se la parte dedicata alla scienza, di interesse specifico in questa sede, è concentrata nell’estratto che proponiamo).

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Digitale vs Analogico

Dobbiamo stare “al nostro posto” o dobbiamo lavorare per unire le divere competenze, armonizzare le diverse prospettive?

Un monito a rimanere vigili, perché la diversità di competenze non si trasformi nella trappola della separazione contrappositiva dei settori.

Lo scienziato sta nel suo laboratorio.
Il politico sta al governo.
L’economista sta nella City.
Il panettiere sta davanti al forno.
Lo studente sta a scuola.

Ognuno ha il suo cassetto in cui stia comodo comodo, abbia le sue competenze e veda di non interferire con le attività degli altri! Stai al tuo posto, nella tua specialità, non invadere il mio campo.

Spesso rischiamo di vederla così. Ognuno ha il suo recinto, pressoché impermeabile a quello degli altri; quindi, marchiamo il territorio e nessuno osi oltrepassare il confine di proprietà. Mi verrebbe da dire che adottiamo una prospettiva digitale, dove tutto è netto, codice binario, limiti precisi, nessuna sbavatura.

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